“Il colore genera una vibrazione fisica. Il colore nasconde un potere ancora sconosciuto ma reale, che agisce su ogni parte del corpo umano” – Wassily Kandinsky.
Una citazione chiave per il designer australiano Adam Goodrum, nel cui stile eclettico ricorre sempre un profondo fascino per i colori sgargianti. Nel suo ultimo lavoro per Knit! si è lasciato ispirare dall’esplosione di colori dei campioni di tessuto e ha deciso di combinarli assieme in una reinterpretazione contemporanea dei divanetti vittoriani. Gli schienali si possono unire trasformandosi in un motivo arcobaleno serpeggiante.
“Quando è venuto a trovarmi il mio caro amico Colby – che era un rappresentante di Febrik – mi ha mostrato tutti questi prodotti bellissimi. Amavo quel ventaglio di colori e tutti i diversi tessuti e volevo assolutamente trovare il modo di trasportarli nel mio pezzo” racconta il designer.
Schizzo per ‘Conversation Series’, il pezzo realizzato per Knit! (Kvadrat)
Vista frontale e vista dall’alto di ‘Conversation Series’ (Kvadrat). Foto ©Luke Evans
Il colore è stato un elemento chiave anche nel definire l’estetica della sua iconica Stitch Chair, il progetto che nel 2005 ne ha lanciato la carriera a livello internazionale con il brand italiano Cappellini. Facendo base nel suo studio di Sydney, Adam Goodrum ha continuato a specializzarsi nel design del mobile, incentrando il suo lavoro su questo settore e facendosi strada con un approccio che combina estetica e funzionalità.
È diventato una vera e propria star dell’industrial design australiano con all’attivo numerose collaborazioni con brand come Alessi, Norman Copenhagen, Cult e Tait. Ci ha raccontato com’è nata la sua passione per il design del mobile e di come oggi riesca a continuare nella sua pratica di designer indipendente.
Dettaglio dei campioni di tessuto e del loro impiego nello schienale della seduta per Knit! (Kvadrat).
Il design del mobile è un settore molto saturo eppure tu hai sviluppato la tua carriera proprio in questa nicchia. Cosa ti ha affascinato di più di questa disciplina? Cosa ti ha permesso di emergere in un settore tanto competitivo?
Fin dai tempi della scuola ho sempre amato sia l’arte che la matematica. Ma il mio primo incontro vero e proprio con il design del mobile è avvento quando studiavo Design industriale. Al terzo anno mi sono cimentato col progetto per una sedia e sono rimasto assolutamente folgorato dalla sfida di trovare il giusto equilibrio tra estetica, funzionalità e confort. Lo vedevo come un intreccio tra semplicità e dettaglio tecnico e da lì è diventata quasi un’ossessione. Spesso pezzi che sembrano semplici nascondono molte complessità da un punto di vista ingegneristico.
Penso che per farsi notare occorra creare innovazione, differenza o teatralità in un pezzo. Tutti gli oggetti dovrebbero giustificare la propria esistenza: che sia attraverso una nuova estetica o una nuova funzione, cerco sempre di catturare questi attributi nel mio lavoro.
Il portauovo Roost, realizzato per Alessi. Photo © Alessi.
La tua carriera è decollata grazie alla collaborazione con un brand italiano (Cappellini) e partecipando al Salone del Mobile. Com’è stato affacciarsi sulla scena internazionale? Arrivando dall’Australia, c’è qualcosa in particolare che ti ha colpito del design italiano?
Il design australiano è sempre vissuto nell’ombra della ben più ricca tradizione europea, quindi per me è sempre incredibile venire al Salone del Mobile e vedere questa varietà straordinaria di prodotti, con tutta l’ammirazione e l’impegno per il design che ispirano.
La collaborazione con Cappellini è stata emozionante, così come anche quella con Alessi: si tratta di brand storici che hanno fatto la storia del design, quindi sono state esperienze davvero significative. Il design italiano è davvero capace di distillare la passione e l’eleganza della propria cultura in pezzi realizzati con un un rigore e un orgoglio maniacali. È una gioia anche solo osservali.
Stitch Chair (Cappellini) in una palette ispirata ai quadri di Mondrian
La Stitch Chair (Cappellini). Dettagli dell’originale sistema di chiusura verticale
Quale delle tue creazioni incarna al meglio la tua idea di design?
La Stitch Chair, che combina l’uso del colore con un meccanismo di chiusura. È una risposta alla crescente mancanza di spazio dovuta all’aumento della popolazione. Quando l’ho disegnata avevo appena perso il mio laboratorio, quindi lavoravo sul tavolo di cucina.
Era ricoperto di modelli in cartoncino con cui stavo sperimentando per capire come realizzare il meccanismo di chiusura. Da lì ho proseguito con un prototipo in alluminio a grandezza naturale e anche se la forma e il meccanismo erano interessanti mi sembrava che mancasse qualcosa.
È stato soltanto quando ho separato le componenti, le ho dipinte con diverse vernici spray e poi riassemblate che finalmente la sedia mi è parsa finita. Le componenti colorate mettevano risalto le giunture e le cerniere che permettono alla sedia di piegarsi come un origami. Penso che l’enfasi sul metodo di assemblaggio conferisca alla sedia un design unico.
Adam Goodrum nel suo studio nel quartiere Waterloo, Sydney
Alla luce dei cambiamenti portati dalla pandemia, come pensi sia cambiato l’approccio al design del mobile? Come pensi di adattare il tuo lavoro?
Penso che la pandemia abbia riportato l’attenzione sulla casa a causa delle limitazioni fisiche imposte dalla quarantena. Per il design del mobile si è creata una dualità interessante, perché è un momento storico molto serio; però allo stesso tempo c’è la tendenza a rimodellare gli spazi domestici e quindi il mercato per un tipo di design che per quanto pratico abbia anche un elemento sorpresa.
Ho notato anche la tendenza a supportare le manifatture locali, nata dalle limitazioni sugli spostamenti; trovo che abbia portato una maggiore attenzione sull’Australia e sul suo design. Da parte mia continuo a lavorare a livello internazionale; ma è fantastico che le persone che vedono forse per la prima volta il design australiano possano apprezzare quanta strada abbia fatto e quanto si sia evoluto nel tempo.
Nell’immagine di copertina, divanetto Loom, realizzato per Nau Design. © JasonBusch