Un’intervista di Evi Mibelli a Bruno Gecchelin.
“Un oggetto ben progettato non è quello che si nota subito, ma quello che funziona bene, dura nel tempo e si utilizza con piacere”.
Difficile riuscire, nello spazio di un’intervista, sintetizzare la vita e il percorso professionale di un maestro come Bruno Gecchelin che per sessant’anni, con un garbo d’altri tempi, ha contribuito ad esprimere il meglio del design italiano. Fosse solo una questione di date, di tappe, di prodotti di successo non sarebbe poi così difficile. Il desiderio, invece, è intrecciare la sua dimensione umana con quella di designer. È trovare quel filo invisibile tra immaginazione, emozione e concretezza che è, a tutti gli effetti, la sua cifra espressiva.
Il volto, la postura, il tono di voce restituiscono un inaspettato entusiasmo come se il tempo non ne avesse scalfito l’energia creativa giovanile. Non solo. Ha la capacità di raccontare il design – il suo – mantenendosi elegantemente sempre sullo sfondo. È una scelta precisa, etica, perseguita con grande tenacia e sicurezza di sé. Rifugge il protagonismo perché il design è, prima di tutto, servizio: deve risolvere bisogni e possibilmente farlo con grazia e bellezza.
Nasce nel 1939 a Milano. ll padre è un ingegnere che lavora presso la sede milanese dell’Isotta Fraschini, la storica fabbrica di automobili. L’ambiente famigliare è stimolante; tecnica e arte sono un imprinting presente nella quotidianità del giovane Bruno Gecchelin che non tarderà a manifestare la grande passione per il disegno e in particolare il design delle carrozzerie d’auto.
A sinistra, Riviera adriatica,1952. Bruno Gecchelin bambino, si cimenta con la rappresentazione in sabbia di un’automobile. A destra, poco più grande, esprime la sua passione per le auto attraverso il suo incredibile talento nel disegno a mano libera – Ph. Bruno Gecchelin by SIAE 2025
“È una passione che non mi ha mai abbandonato. Fin da ragazzino ero affascinato da ciò che simbolicamente l’auto rappresentava: velocità e movimento. Su questo amore ho cominciato a disegnare e a creare modellini di automobili, a interessarmi alle forme e a come dalle forme si arriva a far funzionare un oggetto complesso. Ho compreso il ruolo che la tecnologia ha nel rendere concreta un’idea, nel rendere tangibile la creatività, nel saper trasformare una forma in qualcosa che abbia coerenza, funzionalità, utilità e bellezza. Saranno gli anni di pratica professionale nel design di prodotti a darmi conferma di quella che allora fu una semplice intuizione giovanile”.
A sinistra, Milano,1960. Con un selfie ante litteram, un giovane e creativo Gecchelin immortala il modello in scala di una carrozzeria in gesso da lui realizzata. A destra, con la stessa conoscenza dei materiali, realizzerà il prototipo della sua prima poltrona: Bruge, progettata per Busnelli, 1963 – Ph. Bruno Gecchelin by SIAE 2025.
S’iscriverà all’Istituto Tecnico Feltrinelli, una scuola dove apprese le basi della progettazione e i fondamenti della tecnologia applicata. La sua capacità nel disegno, la sua attenzione per i dettagli e per la ricerca di nuove soluzioni progettuali, lo faranno approdare alla Olivetti. Siamo agli inizi degli anni ‘60. Contestualmente frequenterà la Facoltà di Architettura al Politecnico di Milano, laureandosi nel 1978.
Mentre è dipendente Olivetti, Gecchelin s’iscrive al Politecnico di Milano, alla Facoltà di Architettura, dove conseguirà la laurea insieme alla moglie Laura. Nel 1978 fonderà lo Studio Gecchelin, a Milano, dove attualmente è attivo insieme al figlio Lorenzo. Ph. Bruno Gecchelin by SIAE 2025.
“Fu un’opportunità nata grazie a una persona che mi segnalò all’azienda per le mie capacità nel disegno. Finii sotto la direzione di Ettore Sottsass. Aveva bisogno di collaboratori che sapessero approcciare la tecnologia con una certa disinvoltura, avessero buone idee e soprattutto le capacità di concretizzarle. Lo aiutai in molti progetti. Per esempio la storica macchina da scrivere Valentine: la studiai nei minimi dettagli. Era una macchina dove il meccanismo di movimentazione dei tasti era stato completamente inscatolato. Ne derivò un oggetto compatto, moderno e portatile. In pratica l’equivalente di un moderno laptop. L’uso della plastica per la scocca la rese leggera e colorata, quindi, adatta a essere ‘nomade’ afferrandola per una semplice maniglia”.
Gli anni post bellici e le spinte emancipative che stavano attraversando l’Italia del boom economico, gli fornirono gli stimoli per mettere a frutto non solo la sua innata capacità di innovatore ma una precisa visione del prodotto industriale.
Milano,1960. Bruno Gecchelin (primo in alto a destra) entra a far parte dell’ufficio design Olivetti, diretto da Ettore Sottsass jr (immagine tratta da: Teodori Maria Adele, “Dittatori con la matita”, supplemento speciale l’Espresso n. 22, Roma, 1968). Grazie alla sua competenza tecnica e abilità da disegnatore supporterà molti progetti per l’azienda, come la macchina da scrivere Valentine (immagine Valentine, 1969. Ph.© Alberto Fioravanti tratta da: Philippe Thomé, “Ettore Sottsass”, Phaidon-Electa, 2014). Ph. Bruno Gecchelin by SIAE 2025.
Negli anni ’70 fonda il proprio studio. Collaborerà con importanti marchi del Made in Italy – come Skipper, Olivetti, Poltrona Frau, I Guzzini, Aermec, Ycami, Venini, Oluce, Busnelli e molti altri – per i quali disegnerà prodotti innovativi, rigorosi ed essenziali, tanto da guadagnarsi – negli anni – prestigiosi riconoscimenti e menzioni internazionali tra i quali il premio Compasso d’Oro nel 1989 con i proiettori Shuttle per I Guzzini Illuminazione e, nel 1991 con il Produttore di acqua calda e refrigerata AGH171New per Giordano Riello Condizionatori.
A sinistra, una selezione dei prodotti più significativi, firmati da Bruno Gecchelin per aziende dell’illuminazione, casa, arredo, bagno e termoarredo. A destra, i prodotti dello Studio Gecchelin premiati Compasso d’Oro ADI tra cui il Sistema faresti Shuttle di iGuzzini (1989), e la macchina AGH171 New per Giordano Riello Condizionatori (1991). Ph. Bruno Gecchelin by SIAE 2025.
Osservando la sua straordinaria produzione viene in mente il Less, but better (ovvero Meno, ma meglio) di Dieter Rams – lo storico direttore creativo della Braun – di cui, seppure attraverso un percorso assolutamente originale e autonomo, condivide l’approccio creativo ed etico.
Cos’è per Gecchelin il design?
“È una bella domanda. Il design è tante cose insieme. Se dovessi sintetizzarne il concetto direi che è il risultato più ‘semplice’ che ottieni dopo un complesso e faticoso lavoro di sintesi progettuale. L’oggetto che deriva da tale processo deve unire innovazione, utilità, semplicità d’uso, onestà, durata, accuratezza dei dettagli, conoscenza dei materiali. Il controllo di tutti questi aspetti si traduce in oggetti sobri che mettono in evidenza la loro intelligenza e armonia delle parti. E questa intelligenza io la chiamo bellezza”.
Con la lampada da tavolo Wing per O-luce (1973), Bruno Gecchelin debutta nel campo dell’illuminazione. Il concept è rivoluzionario: sfruttare le performance della lampadina alogena, allora in uso solo nell’automotive, proteggendo la potente e caldissima fonte luminosa con un dissipatore a lamelle, simili a quelle dei radiatori d’automobile. Il filone dell’illuminazione permetterà a Gecchelin, negli anni successivi, di collaborare con successo con tutte le principali aziende del settore. Ph. Bruno Gecchelin by SIAE 2025.
Ricorrente nella sua visione del design il ruolo della tecnologia. Il suo è un approccio convintamente umanistico. Viene da chiedersi se, tra le nuove generazioni di progettisti, vi sia un analogo atteggiamento alla luce della rivoluzione digitale in corso che, sembra, spingersi verso risposte generative come nel caso dell’intelligenza artificiale.
“È importante ricordare che tutte le tecnologie, anche quelle nuove, nascono dalla sensibilità umana, dal nostro cervello. Significa che i risultati che otteniamo dalla tecnologia sono l’elaborazione dei dati che abbiamo inserito. In sostanza non esiste una tecnologia che possa produrre autonomamente risposte. Esiste la tecnologia che ci agevola, velocizza i processi ma la creatività è – e resta – una misteriosa e stupefacente prerogativa umana. Questo è un punto nodale.
Osservo quanti giovani aspiranti designer non sappiano disegnare. Disegnare è una meta-lingua che tutti possono comprendere. Ma come fai ad esprimerti attraverso la forma se non sai visualizzarla, trasferirla su un foglio e proporla a chi ti ascolta? Non può farlo una macchina, per quanto sofisticata sia. È come voler esprimere un pensiero profondo e non conoscere le parole per poterlo fare. Sia nell’uno che nell’altro caso se non hai le ‘parole’, non hai modo di dare forma all’idea, non formalizzi il pensiero. E non puoi comunicare”.
A sinistra, schema progettuale della serie di faretti Shuttle per iGuzzini illuminazione (1987), Compasso d’Oro (1989). Il sistema si ispira al gruppo ottico della macchina fotografica che, con i suoi elementi/obiettivi intercambiabili, consente di ottenere diverse tipologie di illuminazione. A destra, dagli schizzi ai bozzetti, dai modellini ai prototipi fino ai disegni esecutivi CAD. Ph. Bruno Gecchelin by SIAE 2025.
Tomas Maldonado diceva che non c’è speranza se non puoi progettare. Viviamo una quotidianità convulsa, caotica. La realtà virtuale/digitale (dei social, di Internet, n.d.r.) sembra sovrapporsi alla vita reale, annullando il binomio spazio-tempo. È tutto un ‘qui e ora’. Questa compressione spazio-temporale sembra togliere stimolo all’idea di progettare per il futuro. Se così è, ha ancora senso parlare di progetto, di design?
“ Finché avremo una fisicità, delle necessità, e delle esigenze cui dare risposte tangibili, ha ancora senso parlare di progetto. La verità è che bisogna coltivare la creatività, dargli gli strumenti per potersi esprimere e stimolare il desiderio di inoltrarsi in terreni inesplorati. Solo così puoi scoprire alternative e soluzioni, individuando la migliore risposta a un problema da risolvere. Mettersi alla prova, toccare con mano, avere l’umiltà di imparare, saper ascoltare e osservare.
Si chiama pensiero critico. È quello che ho avuto la fortuna di far sperimentare agli studenti della Facoltà di Architettura di Milano quando fui chiamato, proprio da Tomas Maldonado, a tenere un corso di disegno industriale. Spero di aver lasciato nelle loro mani i semi per coltivare la bellezza e il coraggio di credere nelle proprie capacità”.
Politecnico di Milano, 1998.Invitato personalmente dall’allora preside Tomás Maldonado, Bruno Gecchelin porterà avanti la docenza del corso Design del prodotto, alla Facoltà di Design. Ph. Bruno Gecchelin.
Si pone, tuttavia, anche un altro problema: quello del rapporto del designer con il mondo industriale. È davvero cambiato molto rispetto a solo vent’anni fa.
“Mi trovo nella posizione privilegiata di poter comparare la mia esperienza con la realtà di oggi e suggerire riflessioni sul futuro di questa professione così bella e sempre più difficile. Ho lavorato a contatto con realtà imprenditoriali dove i miei interlocutori erano gli industriali che davvero le avevano fondate e dirette. Questa, oltre a essere caratteristica del modello economico italiano delle PMI, è stata la fortuna che ha fatto grande il nostro design a livello internazionale.
Oggi tante di queste aziende si sono trasformate in gruppi, assorbite da holding finanziarie che per loro natura non sono attente al cuore originale, allo spirito e alla passione che quelle imprese hanno incarnato nel corso della loro storia. Viene a mancare la relazione, lo scambio tra chi quella storia l’ha conosciuta e custodita e chi è chiamato a portarne avanti, attraverso i progetti, l’unicità e il successo. Oggi gli interlocutori – uomini di marketing e investitori finanziari – non sanno dialogare con il progettista, non hanno visione se non nei numeri e nelle performance economiche del brand.
Ma il design non è questo, il successo di un prodotto è la sommatoria di più elementi, anche intangibili, che non hanno strettamente a che fare coi numeri e le statistiche. Molta della crisi attuale che vedo nel fare design contemporaneo dipende da questa assenza di relazione, di scambio e di coraggio. In una parola: umanità applicata”.
Nel 1975, Bruno Gecchelin progetta per Skipper la Mezzaluna, lampada da terra orientabile che, grazie a una lampadina alogena lineare dimmerabile fino a 700W, riesce a illuminare a giorno ogni ambiente con potente luce indiretta. L’estetica compatta e minimale la trasformano in un’icona di successo. Nel 2024 DCWéditions Paris, riedita Mezzaluna in versione LED, più efficiente dal punto di vista energetico, e sempre attuale.
Tornando al design essenziale di Bruno Gecchelin sovviene la sua formidabile padronanza nel misurarsi con la luce, una materia impalpabile eppure così densa di emozionalità. In questo ambito ha saputo esprimere prodotti di altissimo livello, rimasti nella storia del design italiano e internazionale.
“La luce ha scandito tutta la mia carriera di progettista. La luce illumina la bellezza che ci sta intorno. La luce è poesia che gioca con le ombre, i contrasti e crea fraseggi con lo spazio, i vuoti e i pieni. Lavorare con la luce significa creare atmosfere, sensazioni, emozioni coerenti con le finalità del vivere, che può essere illuminare un’opera d’arte ma anche un angolo intimo di una stanza.
Ogni volta è una sfida. Questo spiega anche la mia passione per la fotografia iniziata con le macchine Reflex a pellicola, che ancora coltivo, e che mi consente di cogliere le infinite gradazioni dell’ombra, le espressioni e i dettagli che richiedono attenzione e sensibilità. La luce è pura essenza, non esiste il superfluo. Per questo la sento profondamente affine”.
Milano, anni 70. Parallelamente al design, Bruno Gecchelin pratica la fotografia professionale, intesa come rappresentazione della realtà che si rivela con la luce. A sinistra, in camera oscura, sviluppa e stampa da sé fotografie tradizionali su pellicola. È lui l’autore dell’iconico ritratto di Ettore Sottsass jr, scattato nel 1974 nell’ufficio di via Manzoni a Milano. In basso a destra, Ritratto di Ettore Sottsass. Ph Bruno Gecchelin © Ettore Sottsass by SIAE 2025.
Dopo una lunga carriera Bruno Gecchelin ha ancora sogni nel cassetto. Perché l’energia e la passione che l’hanno accompagnato fin dalla gioventù non si spengono.
“Per me è vita. L’unico vantaggio è che, oggi, con l’età della saggezza posso prendermi più tempo per sperimentare”.
Intanto, tra le cose che stanno lì, in attesa di prendere forma di prodotto, una bicicletta perfetta per le smart city del futuro. il suo sguardo non si stanca mai di guardare oltre l’orizzonte perché un nuovo progetto è già nella sua matita.
Concept di mobilità urbana facilitata: una “bicicletta che s’indossa”, senza tubi trasversali del telaio. Pensata per un’utenza eterogenea alla quale offrire un utilizzo agevolato con un velocipede che non si cavalca ma che ti accoglie. Ph. Bruno Gecchelin by SIAE 2025.
In copertina, Bruno Gecchelin e la lampada Mezzaluna – Ph. Bruno Gecchelin by SIAE 2025.