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Studio Algoritmo – il design di Alessandro Gorla

Alessandro Gorla, classe ’75, è un designer laureato in Product Design al Politecnico di Milano. Approdato a Roma nel 2001, in gran controtendenza rispetto ai canonici flussi migratori del design, inizia la sua carriera nella Capitale prima come scenografo poi come gallerista (RGB46 a Testaccio) per poi aprire, nel 2013, il suo studio personale – Studio Algoritmo – in un’ex falegnameria del quartiere San Lorenzo, parzialmente ancora in uso.

Figlio di un artigiano, ha particolarmente a cuore il tema dalla bottega, degli utensili, del fare manuale. Ma soprattutto, porta avanti quell’idea che il design debba durare nel tempo, raccontando storie di una vita, di funzionalità semplici ed affezione agli oggetti quotidiani. Mai come adesso questa riflessione sembra essere attuale. Il loro uso, il loro ciclo di vita, i materiali con cui gli utensili sono prodotti esprimono una poetica (e una poesia) intimamente legata sia ai fruitori che agli spazi domestici.

Passato e presente, tradizione e innovazione contraddistinguono il lavoro progettuale e concettuale di Alessandro Gorla, oggi anche docente (con la grande responsabilità, quindi, di trovare un dialogo con le nuove generazioni di designer). Lo stesso nome e logo scelti per chiamare il suo studio, oltre a far riferimento ad un’idea di processo, nascondono queste stesse idee: identità (le iniziali del designer nascoste), storia (un omaggio ai Maestri) e futuro (la speranza nei nuovi strumenti).

Alessandro Gorla
alessandro gorla design
Partiamo con una riflessione sull’attualità e sulle opportunità di cambiamento che essa porta, soprattuto per i designer.

AG: La pausa imposta dal Corona virus ci sta dando il tempo per riconoscere i nostri errori e pensare a come modificare le cose e le azioni che ci hanno portato sull’orlo del fallimento.
Fra le tante attività chiamate al cambiamento, quella del designer è sicuramente una delle più coinvolte, perché dal mondo del progetto ci si aspetta un ruolo attivo, che non riguarda solo la fase (di breve termine) di adattamento di luoghi e attività in base al distanziamento sociale, ma un’azione volta ad avere una visione quasi rivoluzionaria, per ridisegnare, almeno in parte il mondo.

Il mondo del progetto italiano è in pieno fermento e ha dato vita ad un dibattito nel quale è riscontrabile, da parte di tutti gli attori coinvolti, la necessità di riflettere su tematiche che vadano oltre la risoluzione di problemi quotidiani attraverso gli oggetti, ma il cui fine è quello di comprendere e rivalutare i sistemi etici, economici e politici che quegli oggetti li producono. Per fare questo è ovviamente necessario che anche le aziende ascoltino i messaggi che arrivano dal modo della cultura del progetto e che si rendano disponibili a costruire una nuova era al centro della quale ci sono le persone ed i loro habitat.

Credo tantissimo nel potere comunicativo dei designer, del loro lavoro come creatori di scenari, del loro essere guide al consumo e il mondo del design sta cercando di assumere un ruolo determinante a favore di quel cambiamento culturale necessario affinché si possano ridurre gli impatti sociali ed ambientali. Sicuramente invitare a consumare meno è importante ma non sufficiente ed il design può giocare un ruolo fondamentale nel modificare il nostro approccio ai materiali e ai gesti.

Pannelli Daphne per Slalom by Alessandro Gorla
foglie alessandro gorla
Cosa hai imparato personalmente da questo periodo? Spunti utili per le tue ricerche progettuali?

AG: Personalmente il lockdown mi ha permesso di esplorare e osservare con maggiore attenzione il mio universo materiale domestico, e credo che d’ora in poi lavorerò con più determinazione alle ricerche indipendenti e alle sperimentazioni sui materiali naturali, sulla loro durevolezza, sul design primario, insomma sulla mia indagine nei riguardi di un design più asciutto, fatto di pochi pezzi (magari solo uno), che assolvano ad una sola funzione ma ben chiara, dove la persona ci metta del suo, in maniera attiva, di modo che deleghi meno alla tecnologia e possa usare maggiormente il proprio corpo e non solo 3 dita.

Nel far questo penso agli oggetti che mi accompagnano da una vita e che fanno parte di quel corredo di oggetti di famiglia che non solo rievocano ricordi, ma che ancora funzionano, nonostante siano passate tra le mani di due o tre diverse generazioni.

Ad esempio?

AG: Parlo ad esempio della Divisumma 18, calcolatrice elettronica portatile appartenuta a mio padre, disegnata da Mario Bellini, e prodotta dalla Olivetti nel 1973. O della macchina da scrivere Lettera 22, sempre della Olivetti, ereditata da mio nonno e progettata da Marcello Nizzoli nel 1950 (il suono dei suoi tasti riecheggia ancora nella mia mente). O di Grillo, così si chiama il telefono che è ancora collegato alla presa nella zona ingresso di casa mia. Prodotto nel 1965 dalla Siemens su progetto di Richard Sapper e Marco Zanuso, fu una rivoluzione dal punto di vista dimensionale ed evocativo, un oggetto libero, colorato e dalle forme inedite.

Tappeto Briscola by Alessandro Gorla per Mogg
tappeto di design alessandro gorla
Centrale, oltre al tema del ricordo e dell’affezione, c’è sempre il tema della durata degli oggetti, rispetto alle dinamiche di trend “usa e getta” che accompagnano il design contemporaneo.

AG: In questi oggetti non c’è obsolescenza programmata, come avviene oggi. Nelle aziende e nei designer, c’era solo la voglia di creare oggetti duraturi e senza tempo, che riattivavano in chi li usava un’ azione primaria. In questa riflessione non c’è nostalgia per i tempi che furono, come non c’è l’intenzione di fare un passo indietro, quanto piuttosto in profondità, verso la riscoperta del reale, dell’essere del mondo e nel mondo, per far si che il design sia qualcosa di più di un processo che dà forma alle cose.

Credo sia il tempo di far tornare le persone ad affezionarsi agli oggetti, a volergli bene, a prendersene cura, magari con materiali più terreni per uscire definitivamente dalla cultura dell’usa e getta e del consumo rapido. Se si torna a voler bene all’universo materiale, a creare una nuova empatia con oggetti ed ambiente forse si migliora anche il nostro rapporto con la terra.

Questo come si riflette nel tuo lavoro, oggi?

AG: Nel mio lavoro cerco sempre di creare un rapporto empatico con chi utilizzerà i miei prodotti, attraverso i quali cerco di attivare gesti facenti parte di ricordi reconditi e condivisi come Daphne, i pannelli separatori per il comfort acustico che ho progettato per Slalom. Realizzati in Pet Felt (feltro ricavato dal riciclo di bottiglie di plastica), richiamano uno di quei semplici gesti che ogni bambino ha fatto almeno una volta nella vita: infilzare una foglia con un rametto ed immaginarsi vele di barche o piccoli aquiloni.

Oppure il tappeto in pura lana Briscola disegnato per Mogg, nato dall’osservazione di mia figlia durante un gioco sul tappeto del salotto e che mi ha fatto tornare in mente i pomeriggi d’estate passati a giocare a carte con mio nonno nella casa al lago. Rievocare ricordi, usare le mani per fare le cose e utilizzare materiali naturali o di recupero non è ambientalismo o gusto retrò, ma è riallenare la mente per farci riprendere contatto con il nostro ecosistema.

Alessandro Gorla nel suo studio
alessandro gorla studio design
Qual’è la tua riflessione, per concludere?

AG: La storia ci ha insegnato che durante ogni periodo di crisi si è sempre verificato un sentimento indirizzato al ripensamento delle proprie azioni. In fondo se si arriva ad un baratro, ad un punto nel quale è necessario cambiare rotta, mi sembra più che logico pensare ai motivi che hanno portato a quella crisi e questa pausa potrebbe addirittura rivelarsi come una grande opportunità per le aziende del design italiano, storicamente a base artigianale.

Se si riuscisse davvero a valorizzare le capacità produttive ed espressive delle piccole e medie imprese, focalizzandosi su prodotti di alta qualità e che durano nel tempo, potremmo accorgerci che in fondo, questi sistemi produttivi, sono già pronti al cambiamento e risultare più attraenti in confronto di coloro che operano nel campo del rapido consumo.

Invertire la rotta è diventato un atto necessario e cercare nuove strade mai percorse o vecchi sentieri abbandonati, poiché considerati inutili ai fini del progresso, potrebbe essere la soluzione, ma deve essere un percorso condiviso che coinvolge aziende, designer e utenti.

Alessandro Gorla
ritratto alessandro gorla

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