di Evi Mibelli.
“La linea retta è senza Dio”.
Se in molti pensano che il milanesissimo e blasonato ‘Bosco verticale’ rappresenti la più ambiziosa idea di architettura contemporanea in chiave green su suolo urbano, dovrà ricredersi. Perché conoscere l’architettura significa, anche, saper guardare indietro. Di almeno cinquant’anni. C’è chi voleva farsi chiamare il Mago della Vegetazione. Era Friedensreich Hundertwasser, l’artista-architetto che ha lasciato opere uniche, inaspettate e stupefacenti. E che merita di essere ciclicamente richiamato per aver sostenuto l’importanza dell’integrazione fra elemento vegetale, architettura e abitare. Un antesignano dell’architettura verde e di una visione del mondo centrata sull’ecologia che intreccia ambiti diversi: dall’alimentazione all’agricoltura, dalla mobilità al paesaggio, dal design al costruito.
Complesso edilizio Waldspirale – letteralmente Spirale della Foresta, composto da 105 appartamenti – costruito nel 1998 a Darmstadt, Germania. Photo Jorge Franganillo

Nasce il 15 Dicembre del 1928 a Vienna. In età adolescenziale comincia a sviluppare una capacità pittorica di rilievo ed è attratto soprattutto da soggetti naturali e dalla bellezza dei paesaggi delle campagne. Nonostante il clima di grande violenza – siamo in pieno periodo bellico e altissimo è il rischio di rastrellamenti avendo la madre di origini ebraiche (la nonna e la zia furono deportate e successivamente uccise in campo di concentramento) – i suoi soggetti pittorici risultano sereni, pacificati dalla contemplazione della Natura. Finito il liceo, nel 1948 si iscriverà alla Wiener Akademie Der Künste di Vienna.
“Irinaland over the Balkans”, opera su seta a tiratura limitata in 31 colori, stampata da Dietz Offzin, Lengmoos, Bayern, 1971.

Ma l’abbandonerà presto, non trovando stimoli per la sua vulcanica creatività. Svilupperà, da autodidatta, uno stile figurativo originale dove riuscirà a integrare magistralmente diverse fonti d’ispirazione a cominciare da Walter Kaufmann, Gustav Klimt, Egon Schiele, Wassily Kandinsky, Marc Chagall e Paul Klee, i cui tratti ritroveremo anche nella sua architettura.
Gli anni del dopoguerra lo vedranno viaggiare e affermarsi come pittore, con mostre personali in Austria, in Germania, in Francia e più tardi in Giappone e in Nuova Zelanda. Il suo linguaggio vira verso l’astratto decorativo e il simbolico, ricorrendo a geometrie evocative come la spirale quale allusione alla creatività e alla vita. Un elemento ricorrente nella sua vasta produzione artistica. Così come l’uso di colori vivaci, lucidi, metallici e naturali.
Facciata principale della Hundertwasserhaus, Vienna, 1985. Photo Jorge Franganillo

Ma veniamo alla sua idea di architettura. Dall’inizio degli anni ‘60 in poi, dichiara guerra al razionalismo e lo fa partendo da lontano, chiamando in causa l’architetto austriaco Adolf Loos, il protorazionalista che nel 1908 pubblicò il libello “Ornamento e delitto”.
Scrive: “Attacco queste case, orribili scatole che paiono prigioni. Loos esaltò la linea retta, l’uniformità, le superfici lisce. Ora abbiamo ovunque le superfici lisce. Sul liscio tutto scivola, anche il buon Dio cade. La linea retta è l’unica linea sterile. Pur comprendendo le sue buone intenzioni ha letteralmente avvelenato il futuro dell’architettura del nostro secolo”.
A questa idea di edilizia – che troverà nella Bauhaus e nel funzionalismo post-bellico la sua massima espressione – attribuirà il declino verso l’omologazione, l’individualismo, la mancanza di creatività e l’alienazione vissuta dall’uomo contemporaneo. Una posizione molto netta, che non lascia spazio a interpretazioni.
E spiega il perché della sua avversione: “Vanno abrogate le leggi criminali che reprimono l’architettura libera e creativa. La gente ancora non sa che è un suo diritto decidere dell’aspetto tanto degli abiti che porta quanto delle case in cui abita, all’interno e all’esterno. L’individuo ha un particolare diritto alla propria epidermide architettonica, a una sola condizione: i vicini e la stabilità dell’edificio non devono soffrirne. L’abitazione, questa terza pelle dell’uomo, dovrebbe evolversi, modificarsi, trasformarsi; ostacolare questo processo è un atto criminale tanto quanto ostacolare la crescita e lo sviluppo di un bambino. È esattamente questo che vediamo accadere continuamente in architettura e il mio lavoro ha lo scopo di opporsi a questa situazione”.
Complesso residenziale a Bad Soden am Taunus, Germania, 1993. Photo GFHund, Dietmar Giljohann

Osservando le sue architetture tutto appare chiaro. La Natura non si esprime nell’ortogonalità ma con forme organiche, morbide, fluide. La sua conclamata antipatia per la simmetria viene sottolineata dal vezzo di indossare rigorosamente calzini spaiati. C’è bisogno di libertà e di stupore, per Hundertwasser. Certo è che a distanza di quasi sessant’anni, le sue parole suonano rivoluzionarie. Soprattutto ora che ci troviamo in una realtà dove burocrazia e norme ingessano qualsiasi anelito di ribellione costruttiva.
La Grüne Zitadelle a Magdeburgo, Germania. Vista dalla Piazza della Cattedrale. Costruzione conclusa nel 2005. Photo Axel Tschentscher

In tempi recenti abbiamo assistito allo sviluppo di quelle tecnologie capaci di integrare elementi vegetali al costruito. In questo senso Hundertwasser si dimostra aperto all’impiego della tecnologia, ma solo come strumento per dare corso a una visione libera dei luoghi dell’abitare e del costruito: “Le tecnologie per posare un prato, un bosco, giardini e alberi sugli edifici sono ormai talmente avanzate che non c’è più alcuna scusa per non avere un giardino pensile sul tetto”.
Precorre l’avanguardia dell’architettura contemporanea al punto che già nel 1973 realizza, nell’ambito della Triennale di Milano, l’installazione “L’Albero Inquilino”, piantando 15 alberi nei palazzi di Via Manzoni. “L’albero-inquilino rappresenta una svolta, nella quale all’albero viene nuovamente attribuito un ruolo importante come partner dell’uomo. La relazione uomo-vegetazione deve assumere dimensioni religiose. Solo se ami l’albero come te stesso sopravviverai. […] Le pareti sterili e verticali che delimitano lo spazio tra le case, di cui subiamo ogni giorno la tirannia e l’aggressività, si trasformano in valli verdi dove l’uomo può respirare liberamente”.
Letto oggi, sembra un triste paradosso pensando all’attuale dilagante italica mania di tagliare alberi nelle città. A parlare della sua visione, le architetture che varie municipalità – Vienna, Darmstadt, Magdeburg – hanno coraggiosamente approvato e realizzato. Famosa è soprattutto la sua Hundertwasserhaus, il complesso architettonico che si può vedere al civico 34-38 di Kegelgasse, nel 3° distretto di Vienna.
A sinistra, dettaglio delle colonne in ceramica. Hundertwasserhaus, Vienna, 1985. Photo JKB; a destra, dettaglio di uno degli ingressi alla Hundertwasserhaus, Vienna, 1985.

Costruito tra il 1983 ed il 1986 è un vero e proprio prototipo di housing sociale, costituito da 50 appartamenti con negozi, ristoranti e bar, parco giochi per bambini, palestra, 16 terrazze private e 3 comuni. Un progetto interamente pubblico (significa che esistono municipalità coraggiose che investono in opere di rilievo). Ancora oggi il Comune di Vienna gestisce il complesso e lo affitta a prezzi calmierati, prediligendo nuclei familiari in cui siano presenti artisti contemporanei.
Mattoni di argilla per le murature, legno per porte e finestre, ceramica per i pavimenti, colle e vernici atossiche: la Hundertwasserhaus è stata costruita coerentemente con materiali ecologici. Anche sul piano energetico: alle finestre sono stati installati tripli vetri coibentanti e l’acqua calda viene prodotta per mezzo di pompe di calore.
E gli alberi inquilini? Creano boschi sulle terrazze e sui tetti del complesso, irrigati grazie alla presenza di cisterne per la raccolta dell’acqua piovana. I tetti verdi sono costruiti utilizzando fogli antiradice, pannelli isolanti, strati di pomice e ghiaia per garantire il drenaggio, proteggendo i solai. Hundertwasser si è spinto oltre progettando – anche – un sistema biologico di recupero delle acque reflue sfruttando le proprietà purificanti di alcune piante, redistribuendo sostanze nutritive al terreno.
Panoramica sui giardini pensili della Hundertwasserhaus, Vienna, 1985. Photo Paasikivi

Ma lo stupore lo si vive osservando le facciate, camminando su pavimenti non in bolla, sfiorando le pareti curve e i variegati materiali costruttivi con le mani. Un’esperienza sensoriale assolutamente unica perché “in natura niente è dritto”. Gli appartamenti si contraddistinguono, all’esterno, dai colori differenti delle facciate, dalle finestre nessuna uguale all’altra (l’equivalente degli occhi, per Hundertwasser), dalle bizzarre colonne di ceramica che aprono su androni e terrazze. Si nota un’insolita assenza di spigoli.
Dettaglio su una finestra e sulla composizione materica della facciata del complesso Waldspirale a Darmstadt, Germania. Photo Immanel Giel

La sua poetica è dirompente e attinge a qualcosa di arcaico e naturale. La sua necessità di conoscere e muoversi lo trasformano in un messaggero della bioarchitettura, concepita più vicina alla natura che alla ragione. Viaggerà a bordo di una imbarcazione restaurata – la Regentag – che lo condurrà in molti paesi. Si spingerà fino in Nuova Zelanda dove acquisterà la valle di Kaurinui con l’intento di restituire la terra alla natura. Piantò più di 100.000 alberi autoctoni, costruì canali, stagni e zone umide per favorire la biodiversità.
L’inceneritore di Spittelau, Vienna, 1992. Photo Dimitry Anikin

Una nota a parte va dedicata, su commissione della municipalità di Vienna, al recupero dell’inceneritore di Spittelau, distrutto da un incendio nel 1987. Hundertwasser lo trasforma da un edificio industriale in un’opera d’arte monumentale, visibile da ogni angolo della capitale austriaca. Inaugurato nel 1992, l’inceneritore trasforma l’energia dei rifiuti domestici in calore per oltre 60.000 famiglie all’anno. È questo il motivo per cui Hundertwasser accetterà l’incarico, diversamente l’inceneritore rappresentava, ai suoi occhi, il simbolo di ciò che distrugge la natura. Per tutti gli anni ‘90 continuerà a lavorare a numerosi progetti in Giappone, Germania, Austria e Nuova Zelanda cui affiancherà l’attività di docente presso le principali accademie europee e in particolare quella di Vienna, sua città natale.
Hundertwasser morirà di infarto il 19 febbraio del 2000 a bordo della Queen Elisabeth 2, durante un viaggio nell’Oceano Pacifico. Fu sepolto in Nuova Zelanda come da sua volontà, nel Giardino dei Morti Felici, sotto una pianta di tulipani. Non esiste una lapide, ma non sorprende. Scrisse nel 1979: “Non vedo l’ora di diventare humus io stesso, sepolto senza bara sotto un albero nella mia terra ad Ao Tea Roa” (Nuova Zelanda). Un poetico e struggente ritorno dove tutto comincia.
A sinistra, torre della fabbrica di birra Kuchelbauer ad Abensberg, Germania. Foto Heribert Pohl; a destra, la toilette della birreria Kuchlbauer, ad Abensberg, Germania. Photo Kora27

In copertina, Friedensreich Hundertwasser, durante una mostra presso la Galleria d’Arte Ewa Kuryluk, 1975. Photo Archivio Ewa Kuryluk.
























