Portano a nuova vita antichi saperi e tecniche della tradizione, Kaori Shiina e Riccardo Nardi, alias Hands on Design (fondata nel 2015) sono una coppia di designer e imprenditori con una precisa mission: coordinare il lavoro di antiche maestranze giapponesi/italiane con i progetti di una ventina di selezionati designer internazionali.
Da questi incontri sono nate collezioni che spaziano dal mondo della tavola all’illuminazione, capaci di valorizzare al massimo la materia grezza, il design contemporaneo e la pregiata manifattura millenaria. Si tratta naturalmente di oggetti senza tempo che uniscono alta qualità tecnica ed estetica.
Sono stata a trovarli nel loro showroom milanese – in via Gioacchino Rossini, 3 – e ad accogliermi, oltre ai padroni di casa, anche l’adorabile Moko (il loro amico a quattro zampe).
Mi accomodo sulla sedia ma è difficile concentrarsi sulle domande da porre quando gli occhi corrono da uno scaffale all’altro dove sono esposti eleganti ciotole laccate, oggetti in feltro realizzati e colorati a mano secondo le tecniche Kirghise, raffinate creazioni in porcellana, in legno di cipresso, zuccheriere di rame e delicati bicchieri in vetro borosilicato. Faccio uno sforzo e chiedo a Kaori.
So che sei stata a Shanghai, ci vuoi dire com’è andata?
Siamo stati invitati da un ragazzo che ha realizzato una galleria, ristrutturando una casa in stile francese, con l’intento di divulgare la cultura giapponese in Cina. Ogni settimana invita in galleria un personaggio, azienda o artigiano, per presentare i suoi prodotti ad un pubblico ristretto. Abbiamo fatto anche un evento, in un’altra sede, e con stupore abbiamo notato una tendenza del gusto totalmente svecchiata e fino a qualche anno fa impensabile per quelle culture che avevano coltivato la concezione della copia dei prodotti.
Stai dicendo che, con questo viaggio, la Cina potrebbe essere la prossima tappa di Hands on Design?
Noi siamo comunque propensi a farci conoscere fuori dall’Italia, visto che a livello promozione e azienda, facciamo tutto noi, senza aiuti o fondi di sorta. Quindi un percorso lento e difficoltoso ma che piano piano ci porta in giro per farci conoscere.
Unirsi ad altre realtà che già operano nel design come Gum Design ad esempio, per voi potrebbe essere utile?
Perché no, l’unione fa la forza. Andremo infatti a Venice Stuff a Fondaco dei Tedeschi, dove sarà possibile esporre soltanto. Poi ogni designer sarà affiancato a un negozio fisico per vendere. Il network è un modo di rimanere visibili e se vuoi di specializzarsi ancor di più.
Secondo voi, dove sta andando il design?
Il design si sta standardizzando, è sparito il design di protagonismo. Si è un po’ omogeneizzato, forse per un gusto che ormai ha perso il sogno del design. Siamo più smaliziati e più maturi nell’idea dell’idolo. Il design è un pochino condizionato dal modo di essere e di porsi dei grandi gruppi della moda che hanno imbastardito la figura del designer.
Il designer è più uno stilista che artigiano, ma tutto purtroppo viene amalgamato in una parola che prima aveva un significato differente, cioè che il design reale deve essere democratico, quindi il concetto dell’accessibilità a tutti è fondamentale. Un po’ quello che ha fatto Ikea e che continua a fare, anche se ha standardizzato ma lo ha fatto in meglio. Il design (quello vero) nasce in bottega, con l’artigiano che ha gusto e si fa artefice nel vero senso della parola.
Mi state dicendo che la vena creativa si è esaurita o si fa ancora ricerca?
Sembra quasi che i prodotti si rinnovino nei colori e materiali, ma in fondo le forme sono sempre le stesse, come se fossero cristallizzate da almeno un decennio ma la colpa è delle aziende, ormai sprovviste dei fondatori storici che avevano il concetto del continuo sperimentare e a volte osare ed erano a loro modo maestri.
È un momento comunque di transizione in cui sta nascendo erba nuova, non pensiamo subito che sia tutto sterile perché non si è visto il capolavoro del secolo del grande maestro. Nel nostro piccolo abbiamo molte richieste da parte dei designer perché vedono realtà piccole come la nostra, “erbetta” che sta nascendo, vicine alla sperimentazione e alla ricerca.
A tal proposito, se un designer volesse farsi notare da Hands on Design, cosa deve fare?
Ci pervengono molte richieste così senza fare bandi o call, ci vedono su fb o in rete e ci contattano. Poi, una volta all’anno, comunichiamo delle linee guida su quello che devono proporre, con un vero e proprio briefing, una specie di mood da seguire. Il nostro intento è quello di dare la possibilità ai designer di esprimersi e spesso abbiamo avuto dei perfetti sconosciuti che hanno realizzato dei prodotti di livello.
Dopo il briefing, riceviamo le proposte grafiche, che possono essere anche numerose per ogni artigiano. A quel punto selezioniamo isolando tutti i prodotti che secondo noi rispettano il mood che avevamo comunicato. Poi andiamo dall’artigiano con i progetti compatibili e insieme a lui scegliamo la realizzazione del prototipo.
Purtroppo in Italia alcune forme di artigianato stanno sparendo perché non c’è ricambio generazionale. Quello che tentiamo di fare è di mettere in evidenza il lavoro di designer, artigiani o piccole aziende che altrimenti non avrebbero i mezzi per affrontare un passo del genere.
E la risposta dei giovani in questo senso è positiva, allettati proprio dall’idea che un giorno potrebbero essere sulle riviste, come il loro maestro. Da noi una scuola del design con un approccio pratico, non esiste. Tutti quelli che escono dal politecnico o dallo Ied, non hanno idea di come si metta in piedi una lampada o di come si tornisca una gamba del tavolo.
Tempo fa, parlando proprio con alcuni studenti tedeschi di una scuola di design, mi dicevano che in università avevano il laboratorio di falegnameria perfettamente attrezzato. Qui da noi c’è molta teoria e anche le nuove scuole stentano a superare la concezione del nozionismo, non è così?
Esatto. Abbiamo visto in Valtellina una scuola del legno ad esempio improntata sul laboratorio pratico, anche molte realtà della ceramica seguono un approccio pratico. Esisterebbero insomma molti scenari che hanno fatto il passo dalla teoria alla pratica in maniera adeguata, come studio dei materiali applicati alle tecnologie di produzione ma ancora c’è della strada da fare.
Bene, abbiamo raccontato il presente. Per quanto riguarda il futuro, Hands on Design quali progetti ha in serbo?
Si sta muovendo su più fronti, visto che siamo appena nati, nel 2015. Noi siamo designer e non abbiamo una vera e propria formazione imprenditoriale. Non sapevamo, ad esempio, come organizzare la vendita o stabilire il giusto prezzo. Siamo creativi e vendere e tutto un altro mestiere.
Questi anni li abbiamo dedicati ai progetti e oggi possiamo contare su un catalogo di novanta prodotti che da aprile sarà integrato da almeno altri venti. Adesso però dobbiamo venderli questi oggetti e cerchiamo di diffondere il più possibile attraverso la cultura la nostra attività, visto che hanno un concetto di base diverso da tutti gli altri prodotti commerciali.
Lo facciamo attraverso eventi mirati, presentiamo gli oggetti con la loro storia, è l’unico modo che siamo in grado di sostenere, visto che non siamo commercianti. E qui dobbiamo registrare la nota dolente che i giovani, parlando in un ottica commerciale, non conoscono certi prodotti come i nostri e gli “anziani”, quelli con un network anche ragguardevole, non li comprendono.
Quindi l’unica via è attraverso la cultura e il racconto della storia che c’è dietro ai prodotti. Partecipiamo a fiere, come Maison&Objet a Parigi. In ogni caso, il prodotto di design deve essere apprezzato oltre il suo prezzo, è una questione di cultura e sensibilità.
Sarete presenti al Fuorisalone?
Assolutamente sì, come tutti gli anni nel nostro showroom. Dove siamo noi in realtà non c’è tanto passaggio di persone ma leggiamo questa situazione come una giusta separazione da una realtà, quella del Fuorisalone, che negli ultimi anni ha accettato anche prodotti poco vicini al design.
Ci vorrebbe infatti un po’ di chiarezza, che allontani questa ambiguità ormai diffusa tra prodotti di design e fashion. Nelle ultime edizioni abbiamo visto delle cose che poco avevano a che fare con il design inteso come realizzazione di un progetto funzionale. Quando manca la funzione dell’oggetto, entriamo nel mondo dell’arte, a volte anche decadente.
Cosa manca oggi al design?
Non c’è più la figura del mecenate, che sia una persona o un’azienda, che faccia da rampa di lancio per i designer. Noi, come tanti altri, abbiamo le idee ma spesso siamo senza mezzi, intesi come network, spazi adeguati o banalmente risorse economiche per investire in viaggi per scoprire artigiani particolari in posti lontani.
Ma non avete agevolazioni per start up come la vostra da parte dello stato?
In italia, benché si faccia una continua pubblicità sull’argomento, siamo ancora lontani dall’essenza di un sostegno concreto che rimanga distaccato quel tanto che basta dall’aspetto meramente economico. Le logiche di comprensione sono ancora in una fase embrionale rispetto a tanti altri paesi europei e non.
Tutti i prodotti Hands on Design
Si vanno infatti ad aggiungere ai prodotti in porcellana, cristallo, feltro, acciaio, altri oggetti di design dalla forte espressività materica. Dalla collaborazione tra l’artigiano Luppichini e i designer Setsu&Shinobu Ito, sono nati scenografici oggetti in alabastro illuminato, vere e proprie sculture di luce (lampade e porta-candele) che dialogano in modo poetico con la fonte luminosa in essi contenuta.
Dalla creatività di Massimo Barbierato, Roberto Sironi, Terence Coton, Setsu&Shinobu Ito e dall’abilità al tornio di Lorenzo Franceschinis sono scaturiti i vasi in legno tornito che, grazie ad una lavorazione accurata tesa ad esporre la bellezza intrinseca della materia viva, uniscono l’immagine di forza del legno a spessori sottili come veli.
La ricerca di Hands on Design è poi andata oltre, indagando una nuova tipologia di prodotto: i coltelli. Nelle officine del consorzio di Banshu Hamono, situata nella regione giapponese di Banshu, una volta famosa per la produzione delle lame supertaglienti delle spade Katana, è nata la collezione di coltelli di design Kintoki, realizzati in legno e acciaio su disegno di Giulio Iacchetti, ed il coltellino da tasca al femminile, progettato dallo Studio Irvine, con le stesse tecniche utilizzate da generazioni – handsondesign.it
I designer che hanno realizzato la collezione Hands on Design 2017 sono:
Massimo Barbierato, Buzzo-Lambertoni, Terence Coton, Denis Guidone, Gum Design, Kanz Architetti, Shinya Kobayashi, Kazuyo Komoda, Giulio Iacchetti, Laudani-Romanelli, Eliana Lorena, Donata Paruccini, M. Casadei, M. Rossiello, Francesco Sani, Sonia Pedrazzini, Setsu & Shinobu Ito, Shiina+Nardi Design, Roberto Sironi, Takirai Design, Natsuko Toyofuku.
Le aziende artigiane coinvolte nei progetti sono: 224 Porcelain, Banshu Hamono, Ercole Moretti, Lorenzo Franceschinis, Kaikado, Luppichini, Maruyoshi Kosaka, Shuji Nakagawa, Risogama, Soffieria, Takirai Design, Natsuko Toyofuku, Tumar, Hiroaki Usui.
Foto sotto Kaori Shiina e Riccardo Nardi.