Partendo dalla tecnica e da un progetto minuzioso, Simon Schmitz vede la luce come una scultura e non solo un oggetto. La meccanica e l’estetica, la funzione e la bellezza: ecco l’idea di illuminazione e design che lo guida nei suoi progetti e lo porta a cercare un equilibrio fra questi aspetti.
Come mai nei tuoi progetti ti concentri molto sulla tecnica e sul movimento meccanico?
Per me la bellezza del movimento meccanico risiede nell’abilità del suo creatore di progettarla e realizzarla ma, in realtà, non direi che nei miei lavori è strettamente essenziale, anche se resta centrale. Infatti, ho creato anche molte opere statiche: quello che davvero è essenziale è che l’oggetto presenti in qualche modo un elemento che sorprenda. Per questo motivo, ogni volta che una mia opera include del movimento, mi impegno molto e faccio attenzione a realizzarlo nel modo più preciso e intelligente possibile.
Voglio che chiunque interagisca con l’oggetto possa anche rimanere sorpreso, e vivere i vantaggi dei meccanismi puramente tecnici, diventando partecipe così non solo dell’opera esteriore ma anche del processo che la fa funzionare. E, ovviamente, più il prodotto finale è ben progettato, più è elegante e scorrevole il movimento finale, quindi semplice e anche soddisfacente da usare come oggetto concreto.
La lampada AARO, utilizzabile sia come lampada da tavolo che installabile su muro.
Le tue opere sono principalmente realizzate in vetro, acciaio e alluminio; perché questi materiali?
Ci sono due risposte a questa domanda: quella semplice e quella completa. La prima è che mi sono formato in primis nella lavorazione dei metalli, la seconda che i miei progetti fondamentalmente rispondono a specifiche necessità. Prendendo in prestito tecniche, lavorazioni e metodi dall’architettura, dall’ingegneria meccanica e anche dalla scultura, cerco sempre la soluzione strutturale e i materiali migliori per la realizzazione dei miei progetti.
Quando si tratta di giunti meccanici e strutture delicate, materiali altamente resistenti ma leggeri come il metallo e il vetro sono quindi più adatti rispetto ad altri. Ovviamente, questo non significa che non utilizzerò mai tessuti, legno o ceramica nei miei lavori futuri, che anzi arriveranno presto. Ciò che è concretamente più adatto al mio progetto è la mia ispirazione, e da quello mi faccio man mano guidare.
YALTA, lampada ispirata all’edificio brutalista Druzhba Holiday Center in Ucraina.
Nel futuro vuoi concentrarti ancora sull’illuminazione o vuoi esplorare anche altre aree del design?
Per ora continuo a concentrarmi sull’illuminazione perché la sento come l’area più creativamente libera del furniture design; la si può interpretare sia da un punto di vista puramente funzionale, sia con un approccio più liberamente artistico. Quando si tratta di luce, un oggetto non si può mai dire veramente immobile: c’è una costante emissione di particelle, di luce appunto, che è viva e in movimento, oltre al gioco costante di luci e ombre.
Questo, sommato all’utilizzo quando necessario nel movimento meccanico, è una fonte infinita di ispirazione che permette di esprimersi come artisti in una miriade di modi diversi. In ogni caso sono certo che, prima o poi, esplorerò anche altre aree del design e dell’arte. Non si sa mai cosa ci riserva il futuro, no?
Lampada RAA, disponibile in varie colorazioni.
Che opportunità ti ha offerto Isola e come l’hai scoperta?
Ho scoperto Isola attraverso il suo spazio espositivo alla Milano Design Week, e la scelta di partecipare non è stata affatto difficile, dopo aver visto la piattaforma che offre e la possibilità, per designer da tutto il mondo, di connettersi e restare aggiornati sulle ultime mostre e premi del settore. Il mondo dei designer a volte può essere piuttosto chiuso; quindi, tutto ciò che lo apre verso nuove possibilità e conoscenze è secondo me un grande idea.
Il designer Simon Schmitz.
In copertina, lampada PAN.