di Federica Capoduri.
In una precedente intervista, Paolo Benevelli ha raccontato di come si divertiva, fin da piccolo, a trasformare ogni cosa gli passasse sottomano e del suo amore per il design, cresciuto in maniera spontanea, come un’evoluzione naturale. Una delle caratteristiche del suo design, questo saper “guardare oltre”, si ritrova anche nel suo ultimo progetto, presentato al Supersalone: il tavolo Ghost, protagonista della ricerca di un particolare effetto percettivo.
Com’è nato Ghost? Raccontaci nel dettaglio, anche della sua lavorazione.
Ghost è un tavolo, in vetro, che influenza la percezione, apparendo molto più piccolo e leggero di quanto non sia realmente. È un gioco di contrasti e trasparenze, di pieni e vuoti che ridefiniscono bordi e confini del piano riducendolo visivamente. Tali caratteristiche interagiscono tra loro dando origine a una “qualità emergente”, che spinge il progetto ben oltre se stesso, contribuendo così alla leggerezza visiva dello spazio che lo circonda.
La finitura del piano è realizzata attraverso un processo di stampa digitale ad altissima definizione che, grazie al trattamento di tempra, risulta incorporata nel vetro stesso creando un particolare effetto inalterabile nel tempo. Questa tecnologia mi ha permesso inoltre di ricercare e ottenere una particolare sfumatura del piano che lo rende quasi immateriale.
Ghost, prodotto da Capo d’Opera, 2021. Questo tavolino ha una particolare finitura circolare del piano che sfuma fino alla trasparenza. Disponibile in varie finiture, colori e dimensioni (diametro 140 cm, 150 cm e 160 cm), ha base in metallo verniciato ed è completamente smontabile
Altro nuovissimo prodotto è il tavolo Estremi, che tu consideri un vero e proprio out-sider per la sua sfida al ridurre al minimo ogni punto di contatto.
Non ero certo che l’idea di Estremi fosse realizzabile. Volevo vincere questa sfida. Dietro c’è stata molta ricerca e sperimentazione, prove su prove che ci hanno permesso di trovare il giusto equilibrio, il limite massimo oltre al quale non è possibile andare.
La struttura è ridotta al minimo punto di contatto possibile verso i suoi estremi. Il progetto non è guidato solo dalla forma, calibrata a tal punto da non permettere alternative, ma anche dalla risposta della resilienza del metallo. Un sottile e complesso equilibrio che sfida i limiti della forma e del materiale.
Estremi, tavolo per Capo d’Opera, 2021. Ha struttura in acciaio composta da elementi triangolari che si estendono fin dove il materiale lo permette
Cosa ti ha spinto verso questa precisa tecnica progettuale?
Il rischio, l’incertezza, la sperimentazione credo siano stati il motore di quest’avventura.
Sul concetto di cambiamento, quando affermi che sia l’unica costante del progettare – inevitabile, dove possiamo decidere se gestirlo o subirlo – intendi nei materiali o sul vivere gli oggetti e gli ambienti?
Gli spazi e gli oggetti si modificano per adattarsi al tempo ma paradossalmente, il vero design, dovrebbe creare oggetti che rimangano nel tempo, perché non legati a mode o stili. Il cambiamento è l’inevitabile costante che riguarda il progettare: fa parte del progetto, in tutte le sue forme, e con esso si aumenta la conoscenza e la possibilità di trovare nuove soluzioni.
Lo sviluppo di un progetto non è quasi mai lineare: spesso si parte da un punto, da un’idea, un materiale per arrivare a un altro. Il lavoro del designer dovrebbe essere quello di sapersi adattare alle richieste e alle situazioni sempre diverse: il cambiamento diventa così l’elemento cardine dal quale trae origine un buon progetto.
Eolique, lampada a sospensione, selezionata per il Compasso d’Oro ADI 2018
Rimanendo in tema di cambiamento, penso alla tua lampada Eolique, dove il movimento ne determina luce, forma e funzione. Bella ed efficiente – selezionata per il Compasso d’Oro – non è in commercio. Perché?
In realtà la lampada Eolique è entrata in produzione ma poi l’azienda che la produceva è fallita: così l’ho ripresa nella speranza che qualche azienda lungimirante possa acquisirla cogliendone il potenziale e l’intelligenza progettuale.
La lampada, attraverso il movimento delle sue alette in alluminio, permette di regolare e gestire la luce proponendo forme sempre diverse, fino a compattarsi totalmente (dettaglio utile anche per quello che riguarda il packaging e la spedizione). L’elemento che la rende ulteriormente performante è il diffusore, che è, al tempo stesso, il sistema di raffreddamento della sorgente luminosa a led.
Dettaglio della lettera di Alessandro Mendini per Paolo Benevelli
Paolo Benevelli con Gillo Dorfles, Milano, 2010
Per chiudere, svelaci ancora delle curiosità: nella scorsa chiacchierata ci hai parlato di Cini Boeri; raccontaci adesso qualche tuo ricordo sui grandi Maestri Mendini e Dorfles, con cui ti sei interfacciato nel lavoro.
Conservo ancora oggi una bellissima lettera disegnata di Alessandro Mendini che mi ha scritto per una mostra di alcuni miei progetti sul metallo. Non mi sarei mai aspettato di riceverla, è stata davvero una sorpresa ed è ancor oggi un bellissimo ricordo. Un giorno mentre parlavamo al telefono mi disse: “Se sei qui vicino… vieni subito da me”. Sono rimasto davvero colpito per la sua gentilezza e disponibilità.
Gillo Dorfles invece mi aveva chiesto di presentare una mostra sul mio lavoro e mi aveva invitato a casa sua per parlare di design: rimase molto incuriosito da un mio progetto che gli avevo fatto vedere. È stato un maestro e una persona con la quale ho avuto un rapporto di assoluta semplicità, quegli incontri della vita che lasciano un segno.
Nell’immagine di copertina, dettaglio del tavolino Ghost (Capo d’Opera, 2021), design Paolo Benevelli