di Evi Mibelli.
“Non nella cosa in sé, ma nei gradi d’ombra, risiede la bellezza. La perla, fosforescente nei luoghi bui, smarrisce alla luce del sole gran parte del suo fascino. Non v’è bellezza in lei, fuorché quella creata dai contrasti di luce e ombra” – Libro d’Ombra di Yunikiro Tanizaki.
Gli oggetti nati dalle mani di Paola Paronetto posseggono qualcosa di molto vicino all’assoluto. Non solo in termini di forma, colore e volumi. Sono presenze dotate di una vita nascosta, che le muove impercettibilmente al variare delle angolazioni d’osservazione. Il termine ‘assoluto’ rimanda a qualcosa di immutabile, di definito per sempre. Lo stupore sta, invece, nel capire come questa dimensione sia la somma di infinite altre dimensioni, cercate nella circolarità del tempo che scorre, passando dalla luce all’ombra, dalla notte al giorno.
Collezione Fide.
È un dialogo che si manifesta, silenzioso, nella quotidianità. Paola Paronetto ne padroneggia l’alfabeto, ne scrive la trama e la dona ai luoghi che accolgono le sue creazioni. Tutto parte da una passione giovanile, coltivata con dedizione e una curiosità, a tratti, impaziente. È la ceramica, un’arte antichissima che unisce l’uomo alla terra. La modella con le mani e ne cristallizza la forma attraverso la potenza del fuoco.
“ Si chiama magia. L’esperienza di creare un vaso al tornio è indescrivibile. Vedere l’effetto immediato delle mani su quella palla di argilla, l’acqua che scorre e rende possibile il gioco… lo ricordo ancora, mi ha dato una gioia incredibile, mi ha fatto innamorare della ceramica che reputo la più interessante ed eclettica delle materie. Può essere lavorata in infiniti modi e offre infinite possibilità di espressione”.
Collezione Ranuncoli.
Il suo lavoro e il suo approccio creativo vivono sospesi tra arte, artigianato e design. Questa inafferrabilità la rende unica e le consente di muoversi, trasformarsi e sorprendere chiunque entri in contatto con la sua produzione.
È il risultato di una curiosità mai paga, che l’accompagna sin dagli anni della sua formazione e che la anima sempre, ogni volta che entra nel suo laboratorio:
“Ho avuto tanti maestri che hanno acceso in me curiosità diverse. Poi, in seguito, con le tecniche apprese, ho sperimentato da sola nel mio laboratorio e, ogni volta, ho cercato di esprimere qualcosa di mio, di personale ed intimo. In molti hanno affiancato il mio stile alla dolce e impalpabile pittura di Giorgio Morandi. In realtà è pura casualità. Amo semplicemente creare quadri con i vari soggetti che compongono il mio mondo, li metto insieme, li faccio dialogare tra loro e scatto la foto.
Quella per me è un’opera. Le loro anime non si esprimono solo nello sviluppo tridimensionale e scultoreo ma anche in quella pittorica che nasce dal loro stare insieme nello spazio, e dalla foto che li immortala in quel preciso istante della loro esistenza. Poi prenderanno altre strade, arriveranno a casa di altri e costruiranno altre relazioni, altre scene”.
Collezione Pino.
Diceva Eva Zeisel – forse la più talentuosa e longeva designer ceramista che il secolo scorso ci abbia donato – di non essere interessata al design industriale, ai concetti di novità e innovazione, in chiave puramente commerciale. Affermava semplicemente di occuparsi “… della disinteressata, gioiosa ricerca della bellezza”. L’approccio al design di Paola Paronetto ne ricorda da vicino lo spirito, pur nella diversità dei tempi e dei contesti. Basti pensare alla splendida esperienza con Ceramiche Piemme, una realtà industriale innovativa nel campo dei rivestimenti.
“La mia naturale inclinazione nell’indagare nuove vie espressive ha trovato in questa collaborazione un’occasione speciale. L’industria investe in nuove tecnologie produttive, in prestazioni ad alta innovazione. Tuttavia, in questo processo perde inevitabilmente unicità e anima, tipiche dell’artigianalità. La produzione di grandi lastre ceramiche – con dimensioni e spessori impossibili da ottenere con la lavorazione tradizionale – ha aperto una finestra sperimentale inedita per me. Il lavoro si è, da una parte, sviluppato sulla ricerca di una texture che muovesse la superficie giocando sugli effetti chiaroscurali e, dall’altra ha trasformato la bidimensionalità della lastra in elemento di costruzione spaziale.
Un interno, un’architettura è uno spazio definito da pareti, da volumi, da pieni e vuoti. Tutto si muove intorno alle suggestioni e alle emozioni che la luce, l’ombra e il colore creano correndo lungo i confini di quello spazio. Una parete o una superficie texturizzata valorizzano quella porzione di luogo, la arricchiscono di sfumature e gli danno identità. M’ispiro alla Natura, per me grande fonte di stupore e bellezza, e la porto nel quotidiano.
Le texture non sono astratti esercizi concettuali, sono un umile tributo alla perfezione che troviamo nelle cortecce degli alberi, nelle venature del legno, nella struttura filiforme delle foglie, nell’increspatura dell’acqua… Ecco, è in questo senso che concepisco la collaborazione con l’industria e con il design. Poter accettare sfide alla mia immaginazione, e portare qualcosa di unico e personale”.
Emerge un aspetto che sembra essere secondario, ma non lo è. È il profondo senso di libertà che emana dagli oggetti nati dalla sua creatività. Se da una parte sono fortemente connotati e riconoscibili, dall’altra godono della straordinaria capacità di fondersi e mutare identità secondo la sensibilità di chi li fa propri e li porta nell’intimità della casa.
A sinistra, collezione I Cartocci – Bottiglie e vasi; a destra, collezione Pistilli.
“ Spero di regalare leggerezza, senso di calma e di pace. Non mi preoccupo di cercare una funzione nell’oggetto perché per me il massimo piacere sta nell’osservare e lasciarsi emozionare, ispirare, immaginare. È così che l’oggetto diventa molto più che funzionale, diventa addirittura terapeutico.
La cura che ci metto nel crearlo, la passione, il fatto di averlo tanto desiderato durante il processo costruttivo fa si che io lo senta vivo. Ed è vita quella che vorrei entrasse nelle case e nell’intimità quotidiana. Circondarsi di cose belle che ispirino serenità è ciò di cui tutti abbiamo bisogno, soprattutto ora nel momento terribile che stiamo vivendo”.
Molta della particolarità del lavoro di Paola Paronetto deriva dalla sua ricerca sulle potenzialità di un composto – il paperclay – che le consente azzardi costruttivi difficili da ottenere con la ceramica classica. Ne derivano oggetti singolari, con spessori finissimi, sottosquadra inaspettati, increspature delicate. Un materiale a lungo studiato che le lascia una rara libertà espressiva, a tratti estrema, che soprattutto le permette di sondare il mondo dell’imperfezione e le infinite opportunità offerte alla sua creatività…:
“L’imperfezione è stato il punto di partenza della mia collezione Cartocci, nata dal mio desiderio di rompere gli schemi, stufa della ceramica tradizionale perfetta, precisa, statica. Volevo fare con la ceramica qualcosa che non sembrasse neanche più ceramica ma altro, carta, metallo… qualcosa che rappresentasse il movimento, la natura, la leggerezza. Gli errori sono occasioni per la mia immaginazione. Ne approfitto sempre per ampliare le mie strade, percorrere sentieri nuovi e cogliere con sorpresa le situazioni inaspettate.
Posso creare 1000 e più bottiglie ma ognuna di loro è realizzata a mano, con procedimenti complessi e con uno sguardo sempre nuovo e personale. Ogni giorno sono un po’ diversa e lavoro in modo diverso. Questo fa si che ogni mio pezzo abbia la sua unicità”.
Progetto Autem di Paola Paronetto.
Il percorso verso il riconoscimento è stato lento e costante. Semplicemente perché non ha mai abdicato alla sensibilità personale, alla sua dimensione espressiva, preservandone la forza e l’autenticità. In un mondo sovraesposto, dove il valore si misura nella visibilità, Paola Paronetto è una rarità. L’urgenza del mondo fuori non le appartiene. E i suoi oggetti, il suo lavoro ne sono testimonianza tangibile.
Per questo quando collabora a progetti condivisi cerca, prima di ogni altra cosa, affinità. Ed è questo il caso che la vede coinvolta, in occasione della Design Week 2025 a Milano, nel progetto “Autem” insieme al grande cuoco Luca Natalini. Che la ceramica abbia attinenza con il cibo potrebbe apparire cosa scontata, ma questa sfida pone temi più profondi e connessioni sottili che trasformano l’esperienza del cibo e della sua messa in scena in un viaggio in bilico tra arte e vita.
“L’esperienza fatta con Veuve Clicquot m’ha condotto alla riflessione di come il cibo – e nello specifico il vino – sia frutto di madre terra. Esattamente come l’argilla di cui la ceramica è figlia. È un legame primigenio, da cui dipende la vita in ogni sua declinazione. Ogni relazione che intratteniamo con la terra – che tu sia contadino, viticoltore, chef, ceramista… – è una relazione che si fonda sull’amore e sulla connessione a quel filo che alimenta non solo il corpo ma anche l’anima.
Tutti possiamo essere artisti e interpreti della meravigliosa e misteriosa bellezza della natura. Vedendo la cura e la precisione di Luca Natalini nel preparare i suoi piatti, il rispetto per gli ingredienti e la loro valorizzazione, ho percepito amore. Il progetto Autem è il confluire di emozioni in un sodalizio che sboccia, si esprime e poi si dissolve. È l’attimo sublime che si cristallizza nell’immagine di un luogo, di un oggetto e del suo prezioso contenuto – il cibo – per poi lasciare che i sensi fluiscano alla ricerca di nuove esperienze”.
“Il tempo, per la bellezza, non esiste”, diceva sempre Eva Zeisel. Niente di più vero osservando il rarefatto mondo di Paola Paronetto. È un viaggio che non stanca mai, è accompagnare con lo sguardo l’elegante e silenzioso volo di una farfalla.
Autem*
Autem* – Via Serviliano Lattuada,2, Milano
Dal 26 marzo al 26 giugno 2025 – paolaparonetto.com
Paola Paronetto nel suo laboratorio a Rondover, Porcia (PN)
In copertina, collezione Mono.