ritratto didi kinzinger

Icone di Design – Didi Contractor

di Evi Mibelli.

“Per me il paesaggio è un ponte visivo ed emotivo tra il costruito e la Natura. Se osservo i vecchi edifici percepisco un’armonia che li unisce al contesto. Quelli nuovi, moderni, sono in guerra con la Natura e se siamo in conflitto con la Natura, lei lo sarà con noi”.

Didi Contractor può essere considerata una pioniera dell’architettura ecosostenibile. E lo fu in tempi non sospetti, cioè a partire dagli anni ‘70. Misconosciuta ai più, ha unito la sua formidabile formazione artistica alla ricerca curiosa e mai paga delle tradizioni artigiane, del “fare con le mani” attingendo dal territorio e dalle sue risorse naturali i materiali e le tecniche di lavorazione.

Un approccio armonico e rispettoso dei luoghi e delle identità dove l’architettura cresce “come una pianta all’interno di un paesaggio. E il paesaggio è davvero la chiave per unire la terra all’edificio, dandogli le radici di cui ha bisogno per vivere”.

Casa privata nel Dharamsala, 2003. Photo Joginder Singh.
Casa privata nel Dharamsala

La sua figura, per chi l’ha conosciuta, è percepita come carica di una consapevolezza, di una spiritualità e di una energia generatrice potentissima e carismatica. Eppure, le sue opere sono come templi di quiete, capaci, per sottrazione, di restituire l’essenza dei gesti quotidiani e dei riti che li accompagnano. C’è qualcosa di sacro e sospeso nella sua visione degli spazi.

Delia Kinzinger, il suo vero nome, nasce a Minneapolis il 12 Ottobre del 1929. Il padre tedesco Edmund Kinzinger è un pittore espressionista proveniente dalla Bauhaus, emigrato negli Usa nella prima metà degli anni ‘20, mentre la madre Alice Fish è americana, anch’essa talentuosa pittrice. L’ambiente familiare è stimolante e le consente di assecondare la sua inclinazione artistica e progettuale. All’età di 11 anni resta folgorata da una mostra dedicata a Frank Lloyd Wright.

Dharmalaya Institute – Vista sulla loggia.
Dharmalaya Institute vista dalla loggia

Capisce, così giovane, quale sarebbe stata la sua strada. In realtà i genitori non l’incoraggiarono convinti che avrebbe incontrato notevoli difficoltà ad affermarsi in un ambiente professionale maschile, fortemente discriminatorio. Pertanto, proseguirà gli studi laureandosi in Arte all’Università del Colorado.

Nel corso degli studi universitari incontrerà colui che diventerà suo marito. Si sposerà con un giovane e brillante studente di ingegneria civile indiano-guriati – Ramji Narayan – e partirà verso quella che diventerà la sua patria d’elezione: l’India.

Dettaglio della copertura con la struttura in canna di bambù del Dharmalaya Institute.
Dettaglio della copertura canna di bambù del Dharmalaya Institute

I primi anni di matrimonio vedono Didi dedita alla famiglia e ai tre figli, prima a Nashik poi a Mumbai. Qui frequenta i circoli artistici più vivi e all’avanguardia e si dedica all’attività di interior designer attingendo dalle tradizioni manifatturiere locali.

La successiva separazione dal marito e l’insofferenza per la vita caotica della megalopoli indiana spingeranno Didi a fare una scelta drastica e a trovare una nuova dimensione di vita. Si trasferirà nel piccolo villaggio di Sidhbari, vicino a Dharamshala, ai piedi dei monti Dhauladhar nel distretto di Kangra, nello Stato dell’Himachal Pradesh (sullo sfondo la catena maestosa dell’Himalaya).

Dharmalaya Institute – Edificio principale, sala da pranzo comune.
Dharmalaya Institute sala da pranzo comune

Qui decide di dare voce a quella passione che per troppo tempo aveva lasciato senza espressione: l’architettura. E lo farà da autodidatta, con un approccio intuitivo e attingendo dalle tecniche costruttive locali, cui aggiunge il suo background artistico per trarne una visione nuova e originale. I materiali sono quelli che si trovano sul territorio e che per secoli hanno garantito costruzioni accoglienti, comode e perfettamente integrate nel contesto.

In armonia con l’ambiente naturale e a costi ridotti. Il km zero dell’architettura. Terra cruda, bambù, ardesia, pietre di fiume diventano, nelle sue mani, materiali da modellare e assemblare in volumi e geometrie dove la luce disegna contorni ed equilibri. C’è la sintesi spirituale dei principi yin e yang.

Dharmalaya Institute, Cottage insegnanti. Area notte. Photo filmfreeway.com
Dharmalaya Institute cottage insegnanti zona notte

I suoi edifici sembrano nascere dalla terra. E la luce naturale ha un ruolo fondamentale nella filosofia progettuale di Didi Contractor. La gestisce in modo molto libero e artistico. Per lei è l’anima dell’architettura perché sottolinea le forme, i volumi, le linee geometriche, i colori e le trame dei materiali.

Dharmalaya Institute, Sala Yoga. Foto Joginder Singh.
Dharmalaya Institute Sala Yoga

Cerco di creare qualcosa che sia il più silenzioso possibile. Ciò che funziona dovrebbe apparire naturale. Dovrebbe semplicemente essere”. Il suo approccio ha a che fare con i cicli della Natura. Spiega lei stessa: “Oggi le persone non sono pronte ad adattare la propria vita al respiro dell’universo. Non vediamo la saggezza della Natura.

La tecnologia per essere davvero utile dovrebbe essere coerente con un approccio umanistico, ovvero mettere a proprio agio le persone con sé stesse, tra loro e con l’Ambiente.

Uno dei problemi della vita contemporanea è proprio la perdita del contatto con i cicli della natura. Quando sottraggo qualcosa dal ciclo naturale, penso a come influisce su quel ciclo e se può essere sostituito o riutilizzato… Se il mio corpo fisico dicesse ‘mi arrendo’, per me andrebbe bene.

Mi piace pensare che le mie case, fatte di terra cruda, bambù e pietra che si sgretolano non lascino macerie inutili. Così almeno diventeranno dei begli orti quando qualcuno avrà finito di viverci dentro”. È il concetto della circolarità. Di una architettura che diventa parte integrante dell’ecosistema e vive e respira con esso.

Dharmalaya Institute, Sala polifunzionale.
Dharmalaya Institute vista Sala polifunzionale

Nella sua lunga carriera ha progettato e costruito residenze private ed edifici pubblici come il Nishtha Rural Health, Education and Environment Center a Dharamshala, il Dharmalaya Center for Compassionate Living a Bir, e il Sambhaavnaa Institute of Public Policy a Kandwari.

Dormitorio e Foyer dell’Ostello del campus Sambhaavnaa Institute for Public Policy. Foto Jonginder Singh.
Dormitorio e Foyer dell'Ostello del campus Sambhaavnaa Institute

L’eredità di Didi Contractor, morta il 5 luglio del 2021 nella sua casa a Sidhbar, è stata quella di rendere tangibile il ricco mosaico di interessi e di ricerca intorno al tema dell’abitare, sempre sostenuti da un profondo desiderio spirituale e da un’appassionata preoccupazione per l’ambiente.

Il modo in cui viviamo oggi non è più sostenibile ed è guidato esclusivamente da interessi commerciali. Il denaro in sé non è un problema, ma lo è la mercificazione dei valori e dell’etica. Tuttavia, le cose migliori della vita come la bellezza, l’aria, l’amore, i tramonti e la gentilezza non potranno mai essere in vendita”.

In copertina, Didi Contractor.

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