di Evi Mibelli.
A chi gli chiedeva cosa fosse per lui l’architettura e il design, rispondeva laconico “there is no life without aesthetics”, che tradotto significa “non c’è vita senza estetica”: una sintesi perfetta di ciò che dovrebbe circondare la quotidianità delle persone.
È solo la bellezza, il benessere che si genera dall’armonia tra costruito e ambiente circostante che rende l’esistenza umana un’esperienza meritevole di essere vissuta. Una tensione che è, in definitiva, ricerca spirituale. Vilhelm Lauritzen è universalmente riconosciuto come il Maestro del modernismo danese. Un modernismo, tuttavia, che si discosta dalla fredda formula “la forma segue la funzione”. C’è molto di più.
C’è un incondizionato amore per la Natura che rappresenta la sua primaria fonte di ispirazione. Non è, quindi, un esercizio razionale e astratto fatto di proporzioni matematiche e geometriche. No, Lauritzen incarna l’emozione della semplicità e lo fa in modo stupefacente.
La VLA61 Monarch chair del 1944. Fu prodotta in soli 10 esemplari per un progetto non concluso. Rieditata da Carl Hansen&Son ad Aprile 2023 (in vendita a partire da Ottobre 2023).
Nasce il 9 settembre del 1894 a Slagelse, in Danimarca. Studia architettura alla Royal Danish Academy of Fine Arts di Copenhagen dove consegue la laurea nel 1921. L’anno successivo, nel 1922, aprirà il suo studio Vilhelm Lauritzen Arkitekter dove eserciterà ininterrottamente fino al 1969, quando si ritirerà a vita privata.
Il suo studio è, ancora oggi, attivo e rappresenta una delle realtà progettuali più importanti della Danimarca, oltre a essere un preziosissimo punto di riferimento storico (possiede un archivio perfettamente conservato dell’immensa produzione del suo fondatore) tanto da promuovere, nel 2022, una commemorazione per il centenario della fondazione, con la riedizione di alcuni tra i progetti di design più iconici e rappresentativi di Lauritzen.
Radiohus Sofa, 1936. Rieditato da Carl Hansen&Son nel 2022.
Alla fine degli anni Venti del secolo scorso, intraprende un viaggio per l’Europa centrale che gli consentirà di entrare in contatto con il Funzionalismo della Bauhaus e con le sue innovazioni concettuali, tecniche, e strutturali. Non tarderà ad applicarne i principi – tuttavia con una originalità sorprendente – già a partire dal 1928 quando gli verrà commissionato il progetto della Daells Varhus – un grande magazzino – a Copenhagen. Si tratta, a tutti gli effetti, del primo esempio di architettura modernista in Danimarca.
Terminal Vilhelm Lauritzen. Aeroporto Copenhagen. Inaugurato nel 1939. Restaurato nel 1998. Photo Rasmus Hjortshøj.
La sua visione dell’architettura si compie con la progettazione del primo Terminal dell’Aeroporto di Copenhagen (a seguito di un concorso), costruito tra il 1937 e il 1939. Non più operativo, il Terminal è stato restaurato e ripristinato nel suo assetto originale nel 1998 ed è visitabile. Quello che sorprende è la sua eccezionale contemporaneità. E non è un caso che questo spazio abbia rappresentato, sin dalla sua inaugurazione, un riferimento per tutti gli aeroporti futuri.
È diventato un paradigma irrinunciabile della definizione di luoghi pubblici di transito. Il richiamo all’organico e alla Natura è percepibile dall’uso di linee morbide come quelle che disegnano la copertura della Hall o nella scalinata in torsione che collega il piano terra alla balconata di passaggio dei passeggeri. A volersi spingere nell’ambito dell’arte, sembra di osservare un quadro di Picasso o di Braque.
Il suo linguaggio progettuale poi lavora magistralmente con la luce (è un dato costante in tutta la sua produzione architettonica). Padroneggia quella naturale – e quella artificiale – aprendo immense vetrate rivolte a sud e a ovest, unitamente a lucernari che attingono da nord ed est. La variabilità cromatica immateriale della luce è materia che gioca con le superfici, le geometrie e i volumi.
Facciata principale dell’edificio Radiohuset a Frederiksberg. Progetto originale del 1945. Photo Rasmus Hjortshøj/Coast.
Un fondamentale punto della sua filosofia progettuale è la visione che lega l’architettura allo sviluppo degli interni, sino a spingersi all’arredo e ai complementi. È un approccio a tuttotondo. Basta ricordare l’edificio costruito per la Radio Nazionale Danese – la Radiohuset a Frederiksberg (ora Accademia Reale di Musica) – del 1945 dove a un’architettura pensata per accogliere sale di incisione, di trasmissione e sale da concerto (con studi di ingegneria acustica all’avanguardia) si affiancano mobili e arredi di eccezionale fattura e bellezza. E il dettaglio si spinge sino al disegno delle maniglie.
Sala concerto e scalinata interna. Radiohuset, progetto originale del 1945. Photo Rasmus Hjortshøj/Coast.
Il divano Radiohus, per esempio, è un pezzo pionieristico del funzionalismo nordico. La sua peculiarità è l’assenza quasi totale di linee rette, sovvertendo il rigore geometrico del funzionalismo accademico. È bello da ogni angolazione, perfetto per essere protagonista algido di spazi non solo pubblici ma pure domestici.
Lampada a sospensione VL45 e VL38 da terra, prodotta da Louis Poulsen. Entrambe sono nate come parte del progetto della Radiohuset.
Analogamente avviene per la Casa del popolo/Vega Hus a Copenhagen, costruita tra il 1953 e il 1956. L’edificio conteneva piccole e grandi sale da teatro e cinema, unitamente a sale da banchetto. Anche in questo contesto, ogni singolo dettaglio era stato progettato da Lauritzen. Gli arredi, i rivestimenti, i complementi. Chiuso per diversi anni è stato completamente restaurato nel 1996 ed è stato riaperto come Vega Casa della Musica.
Vega Chair, 1956. Rieditata da Carl Hansen&Son nel 2022.
Sostenitore della democraticità del design – ovvero il design bello e funzionale deve essere accessibile – i suoi arredi per innumerevoli anni sono stati protagonisti di aste dove venivano battuti a cifre esorbitanti. Il suo desiderio di “donare bellezza” a tutti per molto tempo è rimasto chiuso negli archivi dello studio.
Ma con il centenario della fondazione la Carl Hansen&Son ha – in collaborazione con la Vilhelm Lauritzen Architects – rieditato i più bei pezzi di questo genio della semplicità. Perchè va detto: Vilhelm Lauritzen aveva quella straordinaria capacità di restare “un passo indietro”, di non autocelebrarsi. Il suo design è un dono unico e irripetibile. E per questo senza tempo. Pietra miliare. Morirà all’età di 90 anni, nel 1984, a Copenhagen.
Vilhelm Lauritzen fotografato all’interno dell’Ambasciata Danese a Washington D.C. di cui curò l’intero progetto nel 1960.
In copertina, Vilhelm Lauritzer. Photo archivio Vilhelm Lauritzen Architects.