Un intreccio di elementi naturali, un vero e proprio ramage sofisticato, composto da grafismi asimmetrici. Un décor organico che descrive un trait d’union eclettico, tra arte, moda e design.
Un “nuovo classico”. La definizione più rappresentativa per la nuova collezione Jungle firmata da Gianni Cinti per Sambonet. Al pari di un capo di guardaroba versatile, esprime il suo fascino charmant con una versatilità espressiva, sempre diversa. La sua linearità estetica e componibilità concettuale, dalla carica romantica ed emotiva, descrive l’animo stesso del suo designer. Racconta della sua nota esperienza nella moda e della raffinata passione per la storia dell’arte, prima musa ispiratrice di una progettualità ispirata e fortemente comunicativa.
La nuova collezione Jungle, disegnata da Gianni Cinti per Sambonet
Una ricerca profonda e appassionata porta alla luce curiosità e aneddoti, non solo sulla fonte d’ispirazione, alla base della nuova linea, ma sulla storia stessa dei componenti simbolo del tableware. Prima fra tutti la forchetta. La posata più iconica trova le sue origini nelle pieghe del tempo, legando la sua diffusione a grandi personaggi.
La sua genealogia è antica, l’uso quotidiano, in realtà, straordinariamente recente. Una scoperta nata dopo l’incontro con Gianni Cinti, in occasione della nuova collezione Jungle. Un’occasione per farsi raccontare come nasce un progetto e come la storia lasci il suo segno anche nel presente.
Lo studio e i disegni della nuova collezione Jungle di Sambonet, design Gianni Cinti
Com’è nata Jungle?
È la storia di un incontro: da una parte Sambonet, il suo team formidabile, le tecnologie all’avanguardia, dall’altra io, un designer un po’ speciale, formato nella moda e con riferimenti artistici poliedrici. Insieme abbiamo sognato un prodotto innovativo, ma anche iconico e visionario, di altissima qualità e dal design senza tempo.
Collezione Jungle, finitura Inox e finitura Copper
Collezione Jungle, finitura Gold e finitura Black
Quali sono state le tue fonti di ispirazione?
La prima è prettamente estetica: ho disegnato un pattern dagli echi anni ’50, ma senza eccessive morbidezze (i grovigli di steli sono geometrie molto precise). Le foglie sono rigorose e semplici: l’eleganza è qualcosa di molto vicino alla semplicità. A questo piano visivo, volevo avvicinare anche quello materico, che valorizzasse al massimo il rilievo delle forme. Mi piaceva l’idea di riagganciare una tradizione di cesellatura un po’ accantonata, quasi a voler tracciare un filo invisibile che unisce Benvenuto Cellini ad Arnaldo Pomodoro.
Le posate della collezione Jungle
Il design di ogni posata è molto distintivo, cosa lo caratterizza?
Ogni posata ha un decoro a sé, singolarmente sono pezzi unici che visivamente, però, si ricompongono in un ensemble se riavvicinati. Un modo per sottolineare il tema dell’incontro ma, anche, un metodo progettuale preciso, che mi ha portato a costruire e decostruire il decoro, per verificarlo nel risultato finale. Il mio chiodo fisso è legato al significato stesso di “progetto”, stimolato da quella scuola italiana di designer che da sempre mi ispira: su tutti Bruno Munari e, in modo più intimo, dallo straordinario incontro con Gianfranco Ferrè.
Oggi diamo per scontate le tre posate simbolo, in realtà l’uso della forchetta è più recente. Da esperto, ci vuoi raccontare qualcosa della sua storia?
È affascinante e articolata: le prime risalgono al 2400 a.C., rinvenute in Cina, ma altri esemplari furono ritrovati tra l’Europa dell’est e dell’ovest. Venezia è la prima città italiana in cui comparve. All’inizio dell’anno 1000, il figlio del doge Pietro Orseolo sposò Teodora, eccentrica principessa bizantina, nella cui cerchia era già in uso. Il Medioevo ne arrestò la diffusione, chiamandola “instrumentum diaboli” per la forma e, forse, per l’erotismo del suo utilizzo, più sofisticato delle semplici mani, usate fino ad allora per mangiare.
Il caratteristico pattern a foliage che caratterizza l’intera collezione
Per la sua diffusione “ufficiale”, bisogna aspettare il XVI secolo con Caterina de Medici, regina di Francia e figura straordinariamente moderna, nata a Firenze, la città intellettualmente più raffinata dell’Europa dell’epoca. La sua figura, a livello storico, apportò più di un tocco di civilizzazione, fra cui l’uso della forchetta, e non solo: il suo gusto si estendeva dalla cucina all’arte, dalla letteratura alla musica.
La forma canonica della forchetta contemporanea, la dobbiamo all’estro di Gennaro Spadaccini (ciambellano alla corte di Napoli di Ferdinando IV di Borbone) che, sul finire del XVIII secolo, introdusse il quarto rebbo e accorciò la lunghezza delle punte, consentendo alla forchetta di diffondersi come utensile adatto a tutti gli usi, perfetta per arrotolare gli spaghetti e per tutte le altre pietanze.
Il designer Gianni Cinti
In copertina, la collezione Jungle di Sambonet, design Gianni Cinti