di Federica Capoduri.
“In Giappone ho imparato che l’estetica è importante quanto la funzione e che la forza può essere espressa con gesti lievi” – Alessandra Baldereschi.
Alessandra Baldereschi, classe 1975, è tra le portabandiera del design Made in Italy. Dopo una formazione artistica e un master in Industrial Design alla Domus Academy di Milano, si specializza in Giappone sulla progettazione in ceramica. Al rientro in Italia inizia a collaborare con aziende di prodotti d’arredo, complementi e illuminazione. Al Design Day 2017 è nominata Ambasciatrice del Design italiano e molti suoi prodotti sono stati selezionati in esposizioni internazionali.
Postcards in ceramica, Bosa, 2016
Sei approdata in Giappone grazie a una residenza-studio, com’è andata e perché in questo Paese?
È stata la Domus Academy a propormi quest’avventura, aveva relazioni con la prefettura di Gifu per scambi culturali e formativi. Ho risposto subito positivamente, durante questi tre mesi ho lavorato soprattutto con la ceramica, disegnando oggetti – in particolare per la tavola – per piccole aziende artigiane del territorio. È stata un’esperienza che mi ha influenzato molto; il Giappone è un luogo dove tutto ciò che ti circonda è espressione di cura e di grazia.
Alcuni dettagli del sito di Alessandra Baldereschi
Hai deciso di avere il sito solo in inglese e diviso in personali “scomparti” anziché categorie di prodotto. Raccontaci questa scelta.
Il mio lavoro è venduto soprattutto all’estero, anche se spesso è realizzato da aziende italiane. Quando ho deciso di rinnovare il sito, ho scelto la chiave dell’autobiografia. C’è un diario, diviso per capitoli: i temi che ricorrono maggiormente nel mio lavoro e che sono a me cari.
L’idea è nata in un momento in cui ho avvertito il desiderio di raccontare la mia storia. Per fare un po’ d’ordine dentro di me, per capire il presente e sapere chi sono diventata. Quando questo bisogno ci sorprende, l’autobiografia di quel che abbiamo fatto, amato, sofferto, inizia a prendere forma.
Once upon a time, autoproduzione, 2011
La Natura, sensibile e fantasiosa, ti rappresenta. Cos’altro?
Cresciuta in campagna, nelle colline del Monferrato, la Natura selvaggia è la mia più profonda nostalgia e anche tema preferito. Sono influenzata dalla nostra parte irrazionale e sensibile, le storie antiche, le credenze popolari, i racconti e ricordi d’infanzia. Tutto diventa materiale utilizzato nel processo creativo. Lavorando con aspetti emozionali o con la memoria, spesso la storia si crea spontaneamente.
Animal Farm, Ichendorf, 2018
Usi molto il vetro, materiale fragile e forte al tempo stesso. Non certo però caratteristico delle tue zone.
Ho lavorato spesso con il vetro e sperimentato lavorazioni diverse. Il risultato è sempre una sorpresa e spesso la capacità del Maestro soffiatore determina la riuscita del progetto. Il vetro è come un ingrediente magico, mi ricorda gli incantesimi delle favole, mi affascina per le sfumature di colore che si possono ottenere ma anche per la sua purezza quando è trasparente.
Woodland screen, Seletti, 2011
Curiosa anche un’altra trasparenza: quella velata dei paraventi Woodland. Qual è il loro significato?
Sono pensati come un riparo leggero, un rifugio che non nasconde completamente ma svela le forme presenti nel fondale. Volevo ottenere una schermatura lieve per consentire il passaggio della luce.
Fil de fer, Seletti, 2012
Tapisserie, Ethimo, 2013
Le poltroncine Rock me per Seletti, 2013 e Bamboo per Alotofbrasi, 2018
Le sedute Fil de fer, Bamboo, Tapisserie, Rockme rimandano al passato in veste contemporanea. Perché questa vena stilistica?
Mi piace creare ogni volta una sorta di dèja vu per accrescere la sensazione di familiarità con l’oggetto. Qualcosa di nuovo ma che contiene già una memoria. Nelle sedute citate, infatti, si uniscono tempi diversi in un unico oggetto. Spesso utilizzo forme o dettagli appartenenti a epoche passate ma realizzati con le più innovative tecnologie a disposizione.
Moonlight garden, autoproduzione, 2021
La lampada Moonlight garden è uno dei tuoi pezzi più rappresentativi, poetica e leggera. Com’è nata?
La collezione Moonlight nasce da alcuni disegni realizzati durante il primo lockdown, che ho trascorso a Milano. Per distogliere l’attenzione da ciò che stava succedendo e trovare un po’ di sollievo ho letto, dipinto e lavorato tantissimo.
Ho disegnato soprattutto fiori: inventati, fantastici, colorati e un po’ magici come in Moonlight, dove il fiore si accende, la lampadina è il suo pistillo e la base è un vaso la cui forma si associa al colore del fiore. Inoltre durante questo periodo ho sentito l’esigenza di avere più spazio e più mobili trasformabili, da poter aprire e chiudere secondo la necessità, per lasciare anche al vuoto il suo posto.
Painting screen, De Castelli, 2017
Quali compiti senti di avere come designer?
Abbiamo il compito di immaginare un nuovo modo di vivere su questo pianeta, un compito difficile perché implica nuove regole da inventare che dovranno sostituire quelle cui ci eravamo tanto affezionati. Serge Latouche professa da anni il concetto di “decrescita felice”, che non è la recessione, né la crescita negativa. Un progetto che presuppone di rinunciare al culto dell’economia in virtù di una maggior attenzione sociale.
Donut stools, Mogg, 2015
Hai partecipato a diverse edizioni del Salone, al Satellite. Quanto è mancato quest’appuntamento durante la pandemia?
Il Salone non è solo una fiera, è un simbolo, indispensabile per il nostro settore. Abbiamo provato a lavorare con modalità virtuali per avere la conferma che la fisicità, gli incontri e l’esperienza vera, non davanti a un monitor, sono essenziali. Siamo tutti d’accordo sull’importanza di questo evento dal vivo, abbiamo voglia d’incontrarci e sentire l’energia creativa circolare come un tempo.
Selfie mirrors, Mogg, 2021
La tua speranza per il futuro?
Penso al termine “speranza”, un’intenzione vulnerabile. È come una foglia attaccata a un ramo. Anche quando tutte le altre sono cadute, lei rimane, resta appesa con tutta la sua forza e così si determina la sua resistenza.
Per conoscere tutto il lavoro di Alessandra Baldereschi – alessandrabaldereschi.com
Nell’immagine di copertina, Alessandra Baldereschi contornata dai suoi progetti