TrulyTruly non è solo un nome ma un vero e proprio manifesto della filosofia dello studio fondato dai coniugi Joey e Kate Booy. L’idea è di creare oggetti di qualità, che abbiano attributi artistici rimanendo fedeli alla loro idea di design.
Li abbiamo conosciuti grazie alla loro ultima creazione per Knit!, un’iniziativa che ha visto 28 designer cimentarsi coi tessuti del brand danese Kvadrat. Prendendo ispirazione dal materiale stesso, Joey e Kate gli hanno dato espressione in una seduta incentrata sul contrasto tra la morbidezza del tessuto e la rigidità del piedistallo in vetro che lo supporta.
«Questo pezzo è davvero tipico del nostro lavoro» spiegano. «Perché combiniamo assieme i materiali e manipoliamo il tessuto in modo che possa esprimere appieno la sua malleabilità».
Coalesce, la seduta realizzata da studio TrulyTruly per Knit! in esposizione a Copenhagen
Negli anni passati lo studio ha ha partecipato a numerose fiere internazionali tra cui il Salone del Mobile di Milano, il London Design Festival e IMM Cologne, per cui nel 2019 ha ricevuto l’incarico di realizzare il padiglione Das Haus. Le loro collaborazioni includono nomi come Tacchini, Ikea e il Museo Tessile di Tilburg.
Alla luce dell’ultimo lavoro per Kvadrat, abbiamo approfittato per fare alcune domande a Joey e Kate e per scoprire di più sulla loro formazione e sul loro approccio al design.
Il padiglione Das Haus a IMM Cologne 2019 con Press Sofa, una nuova tipologia di divano realizzata per l’occasione
Siete entrambi australiani ma avete aperto il vostro studio a Rotterdam. Cosa vi ha portato in Olanda?
Lavoravamo entrambi in Australia come graphic designer, ma ci sentivamo di essere arrivati a un punto morto in quella professione: era troppo monodimensionale. Poi abbiamo avuto l’opportunità di occuparci di un paio di progetti che spaziavano oltre la grafica e abbiamo capito che quella era la nostra strada.
Come molti australiani ci sentivamo isolati nel nostro paese e avevamo questo forte desiderio di andarcene e vedere il mondo. Così abbiamo deciso di studiare industrial design in Europa, e abbiamo scelto l’Accademia di Design di Eindhoven. Abbiamo sentito immediatamente una forte connessione con la cultura olandese per il design: qui c’è una mentalità molto aperta e multiculturale, che valorizza molto l’aspetto pratico e manuale del progetto.
È l’opposto della grafica, che era esattamente ciò che volevamo fare! In generale, in Olanda abbiamo trovato una forte propensione per le professioni creative, supportata anche da fondi pubblici. C’è una forte apertura anche a livello privato, tanto che ci è capitato di essere invitati da un‘azienda a sperimentare coi loro materiali. Dopo il diploma ci siamo dati un anno di tempo per capire se restare: ci sono arrivati talmente tanti progetti che alla fine siamo qui da 10 anni!
Joey e Kate Booy al lavoro nel loro studio
Il nome del vostro studio fa riferimento a una filosofia che pone al centro l’onestà del design. Cosa intendete per ‘onestà del design’?
Per noi si tratta di fare le cose a modo nostro, seguendo ciò che ci affascina e trovando poi il modo di esprimere questo fascino attraverso gli oggetti. È un approccio che abbiamo imparato durante i nostri studi: la cosa più importante è creare oggetti partendo dal nostro punto di vista, senza preoccuparsi troppo del contesto, delle mode o delle tendenze. È un elemento in più che si aggiunge alla funzionalità dell’oggetto.
Il tavolino Daze (Tacchini) in esposizione al Fuorisalone di Milano nel 2018
Secondo voi quali elementi chiave dovrebbero essere presenti in qualsiasi pezzo di design?
L’oggetto dev’essere funzionale. In accademia c’è la tendenza a lasciare la funzionalità in secondo piano e a considerarla come elemento secondario del progetto. Mentre per noi la funzionalità è un aspetto essenziale del design. Oltre alla funzionalità ci piace creare oggetti affascinanti, che abbiano quel qualcosa che li renda espressivi e intriganti.
Ma espressivi non significa che debbano avere per forza colori sgargianti o essere eccessivi in altri modi: semplicemente devono esprimere quello che vogliamo trasmettere. La nostra esperienza come grafici ci ha lasciato l’idea che il design debba sempre esprimere qualcosa: può essere stile, esuberanza, calma. Ma ci teniamo a fare noi questa scelta. Inoltre siamo molto affascinati dalla materialità degli oggetti e dalla lavorazione che c’è dietro: ci piace molto giocare su questi elementi.
Il tavolino in vetro Madrid con dettagli del trattamento della vernice sul vetro
Qual è per voi il punto di partenza di un nuovo progetto?
È sempre qualcosa di diverso: può essere un colore, piuttosto che un materiale o semplicemente qualcosa che abbiamo visto. Spesso parte tutto da un dettaglio. Per esempio nel progetto per Kvadrat il punto di partenza è stato il tessuto stesso.
Mentre il nostro tavolino Madrid si chiama così perché è stato ispirato da un viaggio a Madrid. Ci siamo imbattuti in un negozio che aveva appena chiuso e la vetrina era stata ricoperta di vernice per fare in modo che le persone non guardassero dentro. Ci ha colpito perché invece di usare la solita carta di giornale hanno trovato un modo molto più originale di risolvere il problema. L’idea di usare la vernice sul vetro era davvero affascinante. Da questo ricordo di viaggio è nata l’ispirazione di trasformare quel dettaglio in un oggetto tridimensionale, che è appunto il tavolino Madrid.
Questo a sua volta è stato il punto di partenza per un altro oggetto, che è il tavolino Klaar. In questo caso si tratta di un tavolino di vetro composto da molti strati di vetro colorato. Anche se il processo di lavorazione è completamente diverso, quell’immagine della vetrina di Madrid può ancora considerarsi il punto di partenza.
Il tavolino in vetro Klaar in variante crema e multicolore
Alla luce dei cambiamenti portati dalla pandemia, come immaginate l’arredamento del futuro?
Siamo interessati già da tempo a esplorare nuove tipologie di arredo e a mettere in discussione la forma in relazione alla funzione. Nel 2019 da questa ricerca è nato Glimpse Mirror Screens. È un oggetto composto per il trenta percento da una superficie a specchio e che può avere molte funzioni diverse: può essere appunto uno specchio, un elemento divisorio oppure uno scaffale. Ma non è come un coltellino svizzero, dove si usano i diversi accessori uno alla volta. In questo caso tutte le funzioni coesistono allo stesso tempo. È un oggetto multifunzionale ma non lo sembra, perché ha un aspetto unitario.
Glimpse Mirror Screens è un oggetto multifunzionale che incarna un possibile approccio per l’arredo del futuro
In futuro vorremmo realizzare nuovi arredi che seguano questo stesso principio, specialmente pensando ad un contesto dove si vivrà e si lavorerà in casa. Ci vorranno oggetti che abbiano l’aspetto di mobili per la casa ma che possano essere funzionali anche per il lavoro. Perché non vogliamo che la nostra casa abbia l’aspetto di un ufficio ma nemmeno che il nostro spazio di lavoro sembri troppo casalingo. Bisogna creare un’atmosfera che possa soddisfare entrambe le esigenze. Ci chiediamo: come possiamo adeguare lo spazio ad entrambi i contesti? Come renderlo funzionale? Quale sarà l’atmosfera giusta?
È un discorso particolarmente importante quando si parla di piccoli spazi, perché in queste situazioni bisogna trovare soluzioni intelligenti e che non siano troppo articolate. Ma probabilmente ci vorrà un po’ prima che questo approccio venga accettato del tutto.
Per Maggiori info: Studio Truly Truly
Nell’immagine di copertina, divano per la collezione Ikea PS 2017. Photo ©Ikea.