L’anno che si è appena concluso è stato, per molti aspetti, una replica di quello precedente. Molte fiere (di settore e non) sono state cancellate, stessa sorte per molti eventi e conferenze. In pratica, abbiamo imparato a convivere con l’incertezza, evitando, per quanto possibile, di fare programmi a lungo termine.
In questo clima alquanto instabile, la nostra casa è rimasta una certezza incrollabile, protagonista assoluta, dove vivere il quotidiano ma anche luogo di lavoro, di studio e perfino di una nuova convivialità (non abbiamo smesso di ricevere, lo facciamo con qualche attenzione in più).
Semmai, è cambiata la concezione degli spazi domestici, la netta separazione che esisteva in epoca pre-pandemia, tra una stanza e l’altra, oggi non esiste più e possiamo parlare di ambienti fluidi, che si prestano alle necessità del momento (una camera da letto è per dormire ma anche per studiare o lavorare). Questa regola non è valida per tutti, naturalmente, ma solo per certe categorie, come, ad esempio, chi si è trovato a lavorare da remoto, o per utilizzare un termine entrato nell’uso comune, in smart working.
In sostanza, stiamo facendo i conti con una nuova normalità che è entrata prepotentemente nelle nostre case e rappresenta, soprattutto per gli addetti ai lavori (interior, designer e architetti) una nuova sfida: progettare, studiare, elementi facilmente adattabili a questa nuova realtà che non può più fare a meno della tecnologia digitale.
Come ci ha spiegato molto bene, in un’intervista, Ilaria Marelli, architetto e designer italiana: “abbiamo subìto tutti un’accelerazione digitale e siamo ormai consapevoli che ci sono modalità diverse di abitare, lavorare e comprare. Quindi, si possono immaginare nuovi scenari in grado di integrare il meglio del digitale e del mondo fisico per creare un’esperienza soddisfacente, emozionante e anche più sostenibile. È lo scenario che ho chiamato: nuovi format che riscrivano le regole del gioco mettendo l’esperienza dell’utente al centro”.
Buon anno
anna