Giovani come l’acqua. E poi freschi, trasparenti, talvolta acerbi come lo possono essere solo gli studenti delle scuole di design che, ricchi di speranza e voglia di fare, si cimentano con le loro prime prove e le presentano al pubblico. Crediamo che sia importante dare visibilità a quei gruppi di ragazze e ragazzi impegnati a progettare un oggetto di design all’insegna dei dogmi della disciplina: estetica, funzionalità, possibilità di produzione industriale.
Tra i giovanissimi che si sono potuti incontrare nella scorsa edizione del Salone del Mobile di Milano c’erano gli allievi della facoltà di design della Hochschule di Darmstadt, un istituto prestigioso, che risale al 1907, quando una colonia di artisti diede vita a un “laboratorio di insegnamento granducale per le arti applicate”. Da allora l’istituto trasmette ai suoi studenti l’alta qualità del design, la sua sostenibilità, l’attitudine a pensare fuori dagli schemi, a cambiare i parametri e a essere sempre disposti a rivedere i propri concetti.
Gli oggetti presentati alla design week meneghina erano davvero tanti, e ve li presentiamo in una rapida carrellata, cominciando dalle lampade che sempre affascinano i designer, siano essi esordienti o affermati.
Put it in a correct light di Julia Schön
Julia Schön prende alla lettera il modo di dire “metterlo sotto la giusta luce”: con questo lampadario “sensibile”, se un’oggetto viene spinto sotto al cono di luce, quest’ultimo si sposta di un’altra posizione. Una sfida per ogni utilizzatore, che lo porta a riflettere su cosa e quale sia la giusta luce.
Britôn Light di Laura Heusslein
Laura Heusslein propone Britôn, la luce “dove serve”, perché può essere trasportata, appesa, installata sulla sua piantana – che assolve anche da base di ricarica – o spostata a seconda di ciascun desiderio, a differenza dei sistemi di illuminazione fissi che spesso non riescono soddisfare le nostre mutevoli esigenze.
Lampada da scrivania di Alejandro Zarza
Quella di Alejandro Zarza è invece una lampada da scrivania che si caratterizza per l’ampia possibilità di essere regolata nel suo scorrimento, nella rotazione, nell’orientamento e anche nell’intensità di luce per offrire l’illuminazione perfetta per ogni situazione.
Golden Shine di Constantin Xavier Gaß
Il designer ha voluto combinare due atmosfere di luce in un’unica lampada: quella fredda della lampadina – funzionale al lavoro – è circondata da un alone di una luce dorata, calda, che dà sollievo alla vista e rende l’ambiente particolarmente piacevole.
A sinistra, Golden Shine di Xavier Gaß. A destra, lampada da scrivania di Alejandro Zarza
Yuki, lampada da terra in carta di Julian Auch
Non c’è niente di più essenziale di un foglio di carta: anche quando diventa materia prima per la lampada di Julian Auch che ha pensato a una struttura in fili d’acciaio che formano le molle, mentre la base è una piastra in alluminio. Da Yuki scaturisce una luce soffusa e diffusa che consente inoltre di apprezzare la grana della carta.
Scaffale Curcuma di Ruben Reza Raschidi
Sgabello AO_S di Julia Schön e Marcel Boerckel
Sgabello Pluto di Luca Gruber
Passando ai complementi d’arredo, lo scaffale Curcuma disegnato da Ruben Reza Raschidi rende omaggio alla carpenteria tradizionale asiatica e si basa sulle caratteristiche del materiale e sull’interazione tra forma e tensione, e sempre su un concetto di equilibrio si basa lo sgabello AO_S di Julia Schön e Marcel Boerckel: è pensato per chi si vuole sedere ma anche per chi vuole rimanere in piedi, trovando però un valido sostegno.
Ancora a proposito di sgabelli, Luca Gruber (www.luca-gruber.de) ha progettato Pluto, anch’esso ispirato alla falegnameria giapponese per esaltare l’abilità degli artigiani e dare alla seduta una forma “organica”. Una concezione di Gesamtkunstwerk (l’opera d’arte totale che affonda le sue origini nello Jugendstil) che il designer confessa aver maturato proprio nel corso dei suoi studi a Darmstadt.
Faber di Frieder Urban
Pestello e mortaio di Dominik Schöppner
Woodrose di Elena Gaudchau
Sarada di Laura Bösner
Infine, gli oggetti di uso quotidiano: il kit minimalista per il caffè costituito da fornello, caffettiera, filtro e macinacaffè di Frieder Urban; il mortaio con il suo pestello in porcellana dura di Dominik Schöppner, le cui forme si completano a vicenda in modo perfetto; i portagioielli Woodrose di Elena Gaudchau che chiusi sono una scatola dalle forme minimali e aprendosi sbocciano come i petali di rosa; le posate per insalate Sarada di Laura Bösner che quando vengono riposte si infilano una nell’altra, per risparmiare spazio; infine 50.000 di Marco Zebrowski, che è un porta frutta ma con i suoi gradini ricavati nel legno può quasi essere considerato una scultura autonoma.
50.000 di Marco Zebrowski
Nell’immagine di copertina, l’allestimento dei lavori degli studenti di Darmstadt al Salone del Mobile 2019