Sulla piattaforma di Hiro si può votare la postazione ideale per lavorare da casa. Il progetto vincitore sarà messo in produzione.
Lo chiamiamo smart working, ma siamo poi così certi che sia davvero smart? Costretti dalla pandemia a lavorare da casa, rischiamo di confondere lo spazio – fisico, ma soprattutto mentale – privato con quello professionale. E non basta uno sfondo accattivante su Zoom per dare una svolta a giornate che spesso sembrano tutte uguali.
Il design può essere la soluzione giusta per chi cerca il modo di segnare un confine tra il lavoro e la dimensione domestica senza però tenerle del tutto distanti, integrandole in un’atmosfera piacevole, che sentiamo realmente nostra.
È per questa esigenza di integrare lo spazio di lavoro nella casa rendendolo esteticamente apprezzabile e, ovviamente, funzionale, che è stato pensato il contest di Hiro, il marchio di design “democratico”, dedicato proprio allo smart working.
La scorsa estate, la piattaforma di e-commerce aveva bandito una open call aperta a tutti i designer per progettare la postazione ideale per lavorare da casa. Tra le decine di progetti arrivati, tre sono stati selezionati da una giuria di esperti composta dai designer Paolo Cappello (art director di Hiro) e Francesca Lanzavecchia e dalla giornalista Loredana Mascheroni.
Dall’11 gennaio è possibile votare il progetto ideale attraverso i canali digitali della piattaforma: sarà il voto della community di appassionati di design a stabilire qual è la postazione perfetta per lo smart working, che sarà poi messa in produzione da Hiro.
I tre arredi selezionati dalla giuria di esperti e candidati al voto finale del pubblico sono tutti esempi di design funzionale, perfettamente integrabile in qualsiasi situazione domestica e accessibile per prezzo. Dalle forme geometriche di Cartesio di Maurizio Olivieri a Circo di Luca Ferrante, basato sulla sovrapposizione di elementi lineari su una “pista” che è anche un elemento di decor, fino a Shibumi, il pezzo di Silvia Fabris che può diventare ora un tavolino, ora uno scrittoio che ricorda un vecchio banco di scuola, ora una consolle. In ogni caso, tutti e tre gli arredi soddisfano in particolare due esigenze: trasformabilità e integrazione nella casa.
“La trasformabilità – spiega Paolo Cappello – è intesa come attitudine dell’arredo a mutare in base alle esigenze personali degli utenti: partendo da pochi elementi base, le pareti possono dare origine a decine di soluzioni diverse e adatte a usi molto differenti. L’integrazione è invece la capacità di un arredo di adattarsi e integrarsi nelle funzioni ma anche nell’estetica a un contesto come la casa che è profondamente diverso da un ufficio o una scuola”.
I tre progetti in gara sono esempi di buon design democratico: “Penso che il vero buon design sia prima di tutto democratico, e dunque accessibile. Per un designer si tratta della sfida più difficile: progettare oggetti che siano funzionali, esteticamente apprezzabili, riproducibilità e con un prezzo alla portata di tutti”.
Spiega Manuele Perlati, founder e CEO di Hiro: “Hiro è una realtà giovane, nata per dare spazio a proposte che altrimenti faticherebbero a trovare spazio nei canali tradizionali e a ottenere l’attenzione delle grandi imprese. A Hiro crediamo nelle potenzialità del design, ma crediamo anche nel giudizio della nostra community, che è fondamentale nel decidere se dare corso a un progetto, produrlo e metterlo in vendita. Ogni anno migliaia di arredi e complementi presentati a fiere o fotografati per cataloghi restano prototipi o prodotti invenduti. Crediamo nel riscontro del nostro pubblico come strumento per combattere un eccesso di produzione che non fa bene al design. Per questo, per un tema assolutamente attuale e centrale come lo smart working, abbiamo pensato a una open call e al nostro pubblico come ‘giudice’, garantendo però il primo filtro di una giuria di esperti che deciderà quali progetti, tra tutti quelli pervenuti, saranno sottoposti al voto”.
IL LINK PER VOTARE: https://projects.hiro.design/smart-working-design