Vicentino di nascita, veneziano di formazione e milanese di adozione: Alberto Ghirardello ha fondato il suo studio nel 2013 lì porta avanti la sua attività multidisciplinare. Si occupa infatti di tutto ciò che può andare sotto l’etichetta di design, “dal prodotto alla grafica, dal packaging all’illustrazione” e numerose sono le aziende e istituzioni con cui collabora sia in Italia sia all’estero.
Tra la vasta gamma di prodotti che portano la firma di Ghirardello, abbiamo scelto di presentarvi le sue ricerche sul light design, ma nell’intervista Alberto ci spiega anche quali sono i suoi modelli, quale il suo metodo di lavoro.
Pixel per Stylnove (2015), design Alberto Ghirardello
Box per 9010 (2019), design Alberto Ghirardello
Black Hole Sun per MGS / ERRETILED (2016), design Alberto Ghirardello
Raccontaci qualcosa del tuo approccio al design: quali sono i tuoi modelli e quale il tuo metodo progettuale?
I miei modelli di riferimento sono tutti quei designer che affrontano il progetto ogni volta in maniera diversa, ponendo estrema attenzione all’estetica di un prodotto industriale che di volta in volta è aderente ai valori e alla filosofia dell’azienda committente.
Tutti quei progettisti, insomma, i cui lavori disegnati per diverse aziende non sono accomunabili tra loro da uno stile unificante o da un’impronta ben riconoscibile, come altrimenti accade ai designer che declinano pedissequamente lo stesso linguaggio estetico su una sedia, una lampada, una scarpa, un museo, una caffettiera ecc. Dovendo scomodare i Maestri, direi che i miei punti di riferimento possono essere Richard Sapper, Marco Zanuso, Vico Magistretti: buona parte dei loro lavori sono dei capolavori da questo punto di vista, un perfetto e intellettualmente onesto connubio tra funzionalità, estetica e sentimento, ogni volta declinato ad hoc e sempre coerente.
Volendo stare invece più nel presente (cosa che preferisco) apprezzo moltissimo il lavoro di Odo Fioravanti, Stefan Diez, Francisco Gomez Paz: tutti progettisti dalla spiccata impronta industriale ma che sono in grado di infondere un’anima sensibile ai pezzi che disegnano, dando prova di una profonda conoscenza tecnica dei processi produttivi e della padronanza di quest’ultima con una disinvoltura che ammiro davvero molto.
Mesh per Digital Fucina (2016), design Alberto Ghirardello
Salopette per Zava (2015), design Alberto Ghirardello
Quindi cerchi sempre di adottare questo spirito del design quando affronti un nuovo lavoro?
Sì, mi impegno ad affrontare ogni nuovo progetto con una metodologia ad hoc, cercando di trovare un trait d’union tra quella che può essere una mia idea formale, i requisiti del committente e una reale necessità, al fine di progettare qualcosa di veramente utile e non solo per creare l’ennesimo contenuto per i social.
Il cardine sul quale tutto questo ruota è innanzitutto la conoscenza delle tecnologie, delle possibilità e del know-how dell’azienda con cui mi interfaccio: una volta messo a fuoco questo, tutto il resto viene di conseguenza, in un processo che, a seconda dei casi, può essere molto fluido o più sincopato ma che non può prescindere da uno stretto dialogo con l’ufficio tecnico.
Shard per 9010 (2019), design Alberto Ghirardello
Veniamo più in concreto al tuo metodo: da dove cominci quando un’azienda ti chiede di disegnare un oggetto?
In generale, per tutto quello che progetto, mi piace analizzare il comportamento umano al fine di individuare piccole necessità da risolvere con soluzioni semplici, pratiche e soprattutto gradevoli alla vista. Il binomio forma/funzione è ormai dato per assodato, ma dovrebbe sempre essere considerato anche un terzo valore per ragionare in termini di forma/funzione/emozione.
Gli oggetti, per loro natura, sono un’istanza passiva, ma alcuni hanno una carica empatica che non li rende tali: in quello che faccio mi piace infondere un elemento poetico, emozionante, un qualcosa capace di generare sorpresa, ironia o semplice simpatia che faccia vibrare il prodotto di vita propria, anche se solo per un attimo.
Fiamma e Fiammetta per Slide (2018), design Alberto Ghirardello
Polifemo per Italamp (2019), design Alberto Ghirardello
Ti occupi di design a 360 gradi, ma vorrei focalizzare la mia attenzione sul light design. Come nasce il progetto di una tua lampada? Quali sono gli obiettivi che ti poni?
Il pensiero che ho appena descritto è particolarmente importante nel caso dell’illuminazione: una lampada, sia essa da terra, da soffitto o da parete, è un oggetto prettamente passivo, con cui raramente si interagisce fisicamente e che si vive meno nella quotidianità domestica, al contrario di una sedia o di un tavolo su cui ci appoggiamo ogni giorno.
Ecco perché, nella mia visione delle cose, è importante infondere un qualcosa agli apparecchi illuminanti che doni personalità e carattere oltre, ovviamente, a una illuminazione performante. Questo quid, ad esempio nel caso di Fiamma e Fiammetta, è un appeal decisamente fumettistico che gioca con l’archetipo logico luce = fuoco e che connota subito l’apparecchio, rendendolo evocativo di momenti romantici, feste natalizie o cene a “lume di candela”.
Nel caso di Flat invece, il quid consiste in un’estrema geometrizzazione delle forme che inganna l’occhio: a partire dal classicissimo paralume cilindrico ho voluto giocare con l’organizzazione razionale di forme e volumi e farlo sorreggere da una superficie bidimensionale curva essenziale che rende apparentemente impossibile l’equilibrio dell’oggetto, in realtà attentamente calcolato.
Flat per 9010 (2019), design Alberto Ghirardello
Flat per 9010 (2019), design Alberto Ghirardello
Qual è la caratteristica essenziale di una lampada ben riuscita, secondo te?
Sembrerà una risposta stupida, ma a mio parere la caratteristica fondamentale di una buona lampada è sì fare una buona luce, ma soprattutto fare una buona ombra. Spesso, quando si progetta, ci si concentra molto sull’aspetto estetico della lampada, senza prendere in considerazione la qualità della luce, e soprattutto delle ombre che questa produce, ragionando quasi a lampada spenta.
Progettare la luce è estremamente difficile, si possono ipotizzare le forme più belle su carta ma è solo una volta che viene realizzato un prototipo o qualche modello di studio che ci si rende effettivamente conto di come si comporta la luce, e spesso bisogna ripartire da zero.
Nobody per Euroluce Lampadari (2019), design Alberto Ghirardello
Nobody per Euroluce Lampadari (2019), design Alberto Ghirardello
Si avvicina il Salone del Mobile, ci puoi dare qualche anticipazione su quello che presenterai o che presenteranno le aziende per te?
È ancora presto per avere certezze su cosa effettivamente si riuscirà sviluppare in tempo per la fiera, al momento ho in pista diversi progetti di arredo, oggettistica e di illuminazione. Qualche certezza tuttavia ce l’ho, e dato che abbiamo parlato molto di illuminazione posso fare coming out e raccontare di una nuova collaborazione che ho iniziato lo scorso anno con Fabbian e della quale vedremo i frutti a questa Milano Design Week 2020.
Presenteremo infatti Athens, una famiglia di lampade decorative in vetro e metallo che stiamo sviluppando da un po’ di tempo. L’ispirazione arriva dal braciere olimpico: una forma concava circolare, simbolo di luce costante e imperitura, sorretto da un fusto stabile e possente che lo esalta quasi a scultura. È nata così la versione terra, successivamente declinata in famiglia, composta da sospensione, parete e plafone, tutte in due dimensioni, e da tavolo e da terra.
Anche in questo caso il costante confronto con l’ufficio tecnico è stato fondamentale per giungere al risultato che volevamo ottenere: ho disegnato infatti una particolare texture sulla calotta in vetro in grado di generare una luce (ma soprattutto un’ombra!) inaspettata e molto peculiare, che non è stato così scontato riuscire a ottenere. Sono stati da poco ultimati i primi prototipi e mi considero molto soddisfatto del risultato ottenuto, ora sono curioso di sapere quale feedback riceveranno i prodotti dopo la presentazione ufficiale.
Potete scoprire tutti i lavori di Alberto Ghirardello consultando il suo sito
Ritratto di Alberto Ghirardello © ph. Andrea Favarin – Design City Padova
Nell’immagine di copertina, Nobody per Euroluce Lampadari (2019), design Alberto Ghirardello