di Federica Mentasti.
Nell’articolo “La rinascita dell’artigianato” abbiamo introdotto un giovane architetto e designer indiano, Rooshad Shroff titolare dell’omonimo studio di Architettura e Design a Mumbai (RSAD – Rooshad Shroff – Architecture + Design). Oggi, con lui, vogliamo affrontare altri aspetti legati al design.
Secondo te, quali sono gli elementi chiave di un buon pezzo di design?
Dal momento che siamo uno studio di architettura, l’arredamento è uno sbocco per la sperimentazione e per l’esplorazione dei materiali. All’interno del nostro processo creativo, trovo importante comprendere le tecniche di lavorazione (in particolare le tecniche artigianali, tradizionali dell’India) e reinterpretarle nel design contemporaneo espandendo i confini sia dei materiali stessi, sia dell’artigianato. Quando concepito con un ragionamento rigoroso, il design allora diventa senza tempo.
Come interpreti il rapporto tra Architettura e Design?
La formazione architettonica ti allena a essere sensibile ai problemi di design, a prescindere dalla scala. Per me la distinzione tra architettura e design è piuttosto fluida, in quanto entrambi rispondono al corpo umano, anche se a diverse scale. Mentre l’architettura crea involucri, il design permette una relazione molto più intima con il corpo. All’interno del nostro ufficio, c’è spesso uno scambio interdisciplinare – che può essere con le tecniche di lavorazione o l’esplorazione del materiale. Esploriamo spesso le tecniche usando l’arredo o gli oggetti come punti di partenza che vengono poi integrati nei nostri interni.
Per esempio, nel nostro studio è stata sviluppata una tecnica di ricamo su legno combinando il ricamo a mano con il ripiano in legno. Concettualmente, l’idea era di rendere il rivestimento una parte integrale del prodotto (una nozione architettonica di rivestimento e struttura).
Inizialmente sviluppato come sedia, questo principio è stato poi tradotto in un sistema di contro-parete, utilizzando la stessa tecnica ma applicandola ad una scala diversa. Il primo progetto nel quale abbiamo usato questo rivestimento è stata la boutique Christian Louboutin a Mumbai.
Le tue creazioni fanno uso di tecniche tradizionali Indiane. Cosa ti affascina di più di queste tecniche? E qual è il loro ruolo nel tuo processo creativo?
Avendo trascorso oltre un decennio negli Stati Uniti e a Londra in un mondo sempre più digitale e tecnologico, ero spesso esposto alle nuove tecniche di fabbricazione. Il facile accesso alle macchine per il taglio laser o alle fresatrici CNC ha introdotto un nuovo vocabolario nel mondo del design, che permette di realizzare con facilità forme geometriche complesse.
Se all’inizio questo era estremamente affascinante per me, in quanto apre molte possibilità di produzione, mi sembrava si perdesse il senso di autorialità. Autorialità non nel senso del “designer”; nel momento in cui la produzione di massa avviene pigiando un bottone, il singolo pezzo perde il senso di autorialità, quello dell’artigiano.
Ogni pezzo allora inizia a imitare un certo tipo di estetica prestabilita – una che segue la facilità di produzione tramite la tecnologia. Di conseguenza si perde il senso del luogo, in quanto i macchinari possono essere situati ovunque nel mondo.
È questa perdita di autorialità, del luogo e dell’artigiano che mi ha spinto a muovermi in una direzione controcorrente e concentrarmi sul “fatto a mano”.
In un paese come l’India dove c’è abbondanza di risorse artigianali ancora disponibili, è stato più semplice per me mettermi in contatto con gli artigiani locali e comprendere i loro processi di lavorazione. Come menzionato prima, il processo del fare a mano diventa fondamentale mentre comprendere ed espandere i limiti dell’artigianato per me diventa la base del processo creativo.
Rooshad Shroff – Architecture + Design – rooshadshroff.com