Di Mario Luca Giusti abbiamo scritto spesso perché si occupa di tableware per la casa, di design ma soprattutto perché sa parlare, con cognizione di causa, del bello. Il brand fiorentino produce e commercializza prodotti per la tavola e complementi d’arredo in cristallo sintetico, ovvero acrilico, e melamina.
A prescindere dai gusti, c’è qualcuno che potrebbe storcere il naso pensando di porre sul desco quotidiano vasellame che non sia in porcellana o vetro, ma Mario Luca possiede un dono: riconoscere la bellezza e, quando la vede, sa decifrarla e coniugarla nei suoi prodotti. Più di una volta ho colto in viso la sorpresa di chi, sollevando una brocca durante una cena, è rimasto colpito dalla leggerezza, esclamando “ma è in plastica?” e realizzando solo in quel momento che non fosse in vetro.
Quindi è un dono, il suo, che si esprime sotto forma di synthetic crystal ma anche di numeri, infatti negli anni il fatturato è arrivato a circa 8 milioni di euro (nel 2017) con incrementi a due cifre sia nel mercato italiano che all’estero.
Servizio piatti Tessa
E, a proposito di bello, proprio in questi giorni Mario Luca sponsorizza una mostra del Novecento sull’arte contemporanea, a Palazzo Strozzi fino al 22 luglio, ”Nascita di una Nazione. Tra Guttuso, Fontana e Schifano” oltre a esporre due opere di Paolo Scheggi (riconducibile, nella cifra stilistica, a Fontana) in esposizione nel monomarca fiorentino di via della Spada. “Il negozio si trasforma così momentaneamente in una galleria in occasione della mostra” commenta Mario Luca.
Ma qual è il segreto del tuo successo (anche se sospetto sia codificato nel tuo dna)?
Anche io ogni tanto me lo domando, però posso affermare che, per me, è quasi impossibile lanciarmi in un progetto che non mi convinca. Se credo in un disegno, spendo tutte le energie necessarie per raggiungere il massimo dell’obiettivo, che equivale a quello di farlo bene. Forse anche perché, mentre disegno, non penso a un’esigenza di mercato ma creo in base alla mia natura, quello che il mio estro in quel momento suggerisce con spontaneità e naturalezza.
Piatti Tessa sopra mattonelle (20x20cm) Tiziano
Nella sostanza, un artista di design ma con i piedi ben piantati per terra?
Esatto anche perché facciamo un lavoro immane di valutazione a monte. Se per esempio seleziono quattro brocche, queste poi diventano due ma, alla fine, bisogna produrne soltanto una. Selezionare, selezionare, questo è fondamentale per non creare confusione nella testa e nei bisogni delle persone.
Sia che si parli di forme che di colori, infatti, non è necessario creare un oggetto in tutte le sue sfumature, è sufficiente individuare una palette di colori limitata alle principali cromie e, su quelle, realizzare i prodotti con il materiale più adatto.
Brocche Pallina, Plutone (piccola centrale) e Palla
Detto così suona semplice ma si sa, tra il dire e il fare, c’è sempre di mezzo il mare e talvolta l’oceano. Chi si prende la responsabilità di scegliere la collezione?
Non la considero una responsabilità ma un piacere e, certo, anche un dovere. Una volta che hai la fortuna di avere capito il meccanismo, nel mio caso dalla moda quando seguivo l’azienda calzaturiera di famiglia, non è stato difficile coniugare prodotto e colore.
A tal proposito mi ricordo che in azienda (quella calzaturiera) non mostravamo la mazzetta colori ai clienti perché creava confusione ma ci limitavamo a esporre la calzatura in quattro colori diversi e il cliente era soddisfatto. Sono dell’idea che le persone desiderano che gli semplifichi la vita e, se si fidano del tuo gusto, lasciano che tu decida per loro.
Tavolino Guelfo sotto a sinistra e, foto a destra: sopra sale&pepe Bonnie&Clyde, sotto mensola Luigi XIV
Ma torniamo al bello, cosa rappresenta per te?
È una questione oggettiva, il bello si riconosce facilmente ma sono anche dell’idea che sia il risultato finale a contare. In una casa puoi mescolare diversi oggetti ma se il quadro d’insieme non è armonioso e bello, hai sbagliato qualcosa. Torniamo un secondo al mondo fashion. Tende irrimediabilmente a rendere tutti uguali, soprattutto gli uomini. Credono di vestirsi in maniera originale ma sono pressoché identici.
Brocca Cesara
Lo stesso per l’arredo di casa?
No, la possibilità di scelta di arredi e complementi è vastissimo. È vero che abbiamo raggiunto la notorietà soprattutto grazie alla produzione di bicchieri e brocche ma ultimamente stiamo diversificando, disegnando linee e collezioni che si differenziano molto tra loro.
Un esempio è Tiziano, la mattonella (20×20) che può trasformarsi all’occorrenza da rivestimento in un’originale “tovaglia” sulla quale appoggiare stoviglie. Ma anche complementi d’arredo come tavolini, lampade, mensole e specchi. Belli e pratici, e di dimensioni ridotte, come richiedono le case oggi.
E quando si parla di tableware, Mario Luca, ci tiene a precisare: “I piatti devono essere in melamina perché sono un materiale perfetto per ospitare il cibo e conservano nel tempo quella corposità di colore che nell’acrilico scompare“.
Cambiando argomento, qual è il vostro mercato di riferimento?
Vendiamo molto all’estero per via dei costi, d’altronde il plexiglass è un materiale caro e anche la lavorazione ha un costo elevato.
Ti voglio fare una domanda cattiva, il portaposate Mafalda ricorda molto l’uovo proposto da Christofle. Ti sei ispirato a quello?
Mi dai la possibilità di chiarire questo punto. Per creare Mafalda mi sono ispirato ad un porta oggetti in cristallo, molto bello e molto antico, che ho a casa. Siamo partiti dalla forma primordiale dell’uovo – che non è appannaggio di nessuno – e abbiamo creato tutta una linea che comprende, oltre il portaposate, anche le saliere, porta uova e il porta gelato.
Portaposate Mafalda
Voilà, chiarito il dubbio. Un’ultima domanda, sarete presenti al Fuorisalone di quest’anno?
Amo andare controcorrente, e non è una cosa che faccio di proposito. Mi spiego. Durante i giorni della design week milanese, tutti faranno di tutto e soprattutto i colossi del settore si muoveranno, noi siamo un decimo di grandezza rispetto a loro, e nel quadro generale tendiamo a scomparire. Senza ottenere di fatto nulla, preferisco creare un evento lontano da questa kermesse mondiale. E poi non mi diverto.
Adesso si spiega tutto. Prima ho mentito, ho un’ultima domanda da farti: tornassi indietro rifaresti tutto? “Sì!”