di Alessia Varalda – elettricomagazine.it.
Siamo abituati a pensare alla domotica come a una tecnologia in grado di rendere più semplice e comoda la nostra vita di tutti i giorni. Esiste però una categoria di potenziali utilizzatori che può trarre ancora maggiori benefici da una smart home correttamente realizzata e impostata: pensiamo ad esempio alle persone anziane, o a quelle con qualche genere di disabilità. Può la domotica rendere loro la vita migliore? E in che modo?
La domotica al servizio di chi ha bisogno
La risposta è ovviamente “sì”: la domotica può – in un certo senso deve – agevolare la vita di tutti i giorni di quelle persone che per vari motivi possono essere in difficoltà anche nelle attività quotidiane apparentemente più banali. Viviamo esempi simili, pur con le ovvie differenze, tutti i giorni: quanti si alzano ancora dal divano per cambiare canale alla televisione? Molto più pratico usare il telecomando, giusto? Pensiamo ora a chi fisicamente non riesce a muoversi e ha la necessità di alzare o abbassare una tapparella, o azionare un dispositivo banale come il termostato che regola il riscaldamento e il raffrescamento di casa. Un telecomando o una App sul telefono connessi a un impianto domotico possono rendere più semplici tutte queste attività.
Per chi ha ridotte capacità uditive, un banale segnalatore luminoso può indicare che il telefono sta squillando o che qualcuno ha suonato il campanello di casa. Il bagno o la camera da letto possono poi essere dotati di sistemi di emergenza e di automazione che ne facilitino l’utilizzo. Esistono persino sensori che, installati all’interno di una abitazione, possono monitorare la posizione dell’occupante per rilevarne eventuali cadute e avvisare chi di dovere affinché possa intervenire prontamente. E questi sono solo alcuni esempi che, per quanto semplici, possono migliorare le condizioni di vita di anziani, portatori di handicap o persone malate.
Identificare la tecnologia domotica adatta alla propria condizione
Se vi riconoscete in alcune di queste casistiche, è importante sapere che esiste una norma (la cosiddetta CEI 64-21) che parla appunto di “Ambienti residenziali – Impianti adeguati all’utilizzo da parte di persone con disabilità o specifiche necessità”. All’interno di questa norma vengono spiegati quali sono gli interventi da realizzare per rendere il singolo individuo più autosufficiente, o sicuro, sulla base delle specifiche necessità. Per praticità sono stati suddivisi in 9 distinte categorie, per ciascuna delle quali sono state individuate le caratteristiche che deve avere ogni componente dell’impianto.
- età avanzata (scarsa forza fisica, difficoltà nel movimento, problemi di equilibrio);
- difficoltà motorie negli arti inferiori (che comportano l’utilizzo di sedie a rotelle o deambulatori);
- difficoltà motorie negli arti superiori (difficoltà nell’uso di entrambi gli arti superiori);
- difficoltà di percezione visiva (con visus residuo visivo non superiore a 2/10 o riduzione del campo visivo non superiore al 50%);
- cecità (con visus residuo visivo non superiore a 1/10 o con residuo perimetrico binoculare non superiore al 10%);
- sordità parziale (con difficoltà nel percepire i suoni o le parole);
- sordità totale (con incapacità di percepire i suoni o le parole);
- incapacità o difficoltà nel parlare;
- difficoltà cognitive (che possono manifestare comportamenti imprevedibili in grado di mettere in pericolo l’altrui e la propria incolumità).
La casistica è ampia, ma già oggi la tecnologia ha reso disponibili moltissime soluzioni in grado di rendere più semplice la vita di queste persone e di coloro che devono assisterle. Con il passare del tempo vengono costantemente sviluppati prodotti nuovi, pensati per migliorare ulteriormente le condizioni di vita di chi è in difficoltà.