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Rigodritto

Rigodritto. Di nome e di fatto. Non ho mai visto così tanta determinazione nelle parole e negli occhi di un uomo come nelle parole e negli occhi di Edoardo Giusti, designer classe 1974. Romano de Roma e titolare, insieme al fratello Francesco, del negozio che è anche il nome del brand Rigodritto. Il loro showroom si trova nel cuore della Capitale, il rione Monti, il quartiere più antico della città.

Edoardo al design ci è arrivato per passione e in maniera del tutto accidentale, come spiega lui stesso “ho fatto un anno alla facoltà di architettura e poi sono passato a giurisprudenza dove mi sono laureato a pieni voti. Avendo subito capito che non sarebbe stato il mio percorso, dopo un anno e mezzo di crisi esistenziale, ho cominciato, un po’ per gioco, a costruire delle lampade da tavolo con materiali cartacei e con le foglie. La cosa ha iniziato a funzionare e ho iniziato a venderle.

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I mobili sono arrivati dopo, quando è andato a vivere da solo. “Arredare la mia prima casa è stata l’occasione per passare a oggetti più impegnativi come il letto, la scrivania e la libreria”. Era il 2003 e ogni cosa che gli passava per la mente, Edoardo costruiva. Pensare e fare, due verbi che lui vede strettamente collegati, da vero designer autodidatta, e pure bravo. “Man mano che creavo, mi munivo degli strumenti idonei per lavorare i diversi materiali, ferro, legno, alluminio”, mi spiega. E ha continuato con questa filosofia fino al 2009, dove lavorava solo su commissione. Poi?

“Nel 2009, visto che l’esperienza ormai c’era, ho aperto insieme a mio fratello questo spazio che è per metà laboratorio e per metà showroom”. Accanto al lavoro su commissione, i fratelli avviano la produzione di tutta una serie di articoli, rigorosamente artigianali. Ad oggi sono trenta quelli in catalogo e comprendono lampade, mobili e complementi. Tutti oggetti che conservano fieramente la loro unicità e trasmettono un design accattivante, come Pentolume (la lampada nella foto che ritrae il designer) creata con oggetti di uso quotidiano.

L’idea mi è venuta guardando il volume del caldaio, la pentola in cui si fa bollire l’acqua per la pasta. Ho provato ad accostarne di diverse misure e ne è risultato un gioco di volumi molto interessante, quasi scultoreo”. E infatti è nato un pezzo unico e originale. Pentole, padelle e tanti altri utensili di cui siamo circondati vengono reinterpretati dalle mani di Edoardo e rinascono a nuova forma, e funzione. “Da cosa nasce cosa, diceva Bruno Munari – mi dice – Se hai occhi per leggere, perfino un imbuto diventa un perfetto paralume”.

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Oltre ad essere bravo e preparato Edoardo è pure critico, e non poco. “Oggi il mondo del design manca di umiltà. Mi spiego. Il design è, per sua natura, popolare. Ha il dovere di migliorare la vita di tutti. Come lo sono stati la vespa, la cinquecento ma anche la penna a biro Bic. Non è design quello che possono permettersi in pochi, spesso anche incompetenti in materia, solo perché esclusivo anche nei costi”. In altre parole l’oggetto deve essere utile e il prezzo accessibile, a tutti.

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Designer però non ci nasci, ci diventi. Ma se vieni al mondo in Italia allora è un problema. “Voglio fare una denuncia, anzi due. La prima riguarda la mancanza di un sistema formativo adeguato nel nostro paese. Io sono autodidatta ma anche volendo non esistono scuole, come nel resto d’Europa, non solo per diventare designer ma più semplicemente carpentiere o fabbro, tutte figure che interagiscono con i designers”.

La seconda? “È rivolta a tutti coloro che vogliono intraprendere questa professione. Sappiate che pensare, progettare e disegnare devono andare sempre di pari passo con il fare e il costruire. Questo è l’unico modo per imparare questo mestiere”. (foto di Marco Mancini)

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