di Elisabetta Badiello.
Tra dolce e salso, pollame e pescato, la storia dell’isola lagunare si racconta anche attorno al desco. Un percorso storico e sociale, quello della mostra “Acqua e cibo a Venezia. Storie della Laguna e della Città” fino al 14 febbraio a Palazzo Ducale, in quelli che furono gli appartamenti del Doge.
Cento opere provenienti da collezioni veneziane, ricostruzioni digitali e videoproiezioni ci immergono nella storia di un luogo unico e contraddittorio. Una città d’acqua dove manca l’acqua, in passato trasportata su imbarcazioni dalla terraferma alla laguna.
In mezzo all’acqua/senz’acqua è il titolo di una delle cinque sezioni della mostra. Tra banchetti, parate, giochi e feste, l’alimentazione ai tempi della Serenissima suggerisce curiose incursioni nella città dall’intensa vita sociale. Relazioni e politica si dipanavano su quelle tavole ricche e imbandite, con affaccio sul Canal Grande. Facile immaginare come in certi ambienti l’espressione di potere si giocasse anche a suon di pennuti e cacciagione, pesci e vini eccellenti.
Cosa si mangiava a tavola, in un giorno qualunque, in una famiglia patrizia? Inesauribile il pesce marino e di acqua dolce. Trote e storioni, scardole e carpe si contendevano il desco con anguille e sardoni, saraghi e gò (tipici pesci lagunari). Dai possedimenti in terraferma, quelle ville che rappresentavano le prime aziende agricole, arrivavano ortaggi e cereali.
Poca la carne bovina compensata da abbondanti prosciutti e salami. Sulle tavole regnava il pollame: galline, galletti, capponi, tacchini, anatre e oche allevate anche nei giardini di città. Quello che non arrivava dall’urbe veniva prodotto in quelle isole circostanti considerate gli orti lagunari. Non mancava il vino, prodotto in terraferma e quanto al caffè le prime botteghe risalgono al 1645! Dimostrazione di come a oggi la Serenissima rimanga un perfetto meccanismo organizzativo.